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    Quando attaccare gli ospedali diventa la normalità in Siria

    Medici senza frontiere ha annunciato che non renderà nota la posizione delle sue strutture mediche. Nel 2015 sono stati 150 gli attacchi contro cliniche, 14 nel 2016

    Di TPI
    Pubblicato il 19 Feb. 2016 alle 09:30 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:13

    Medici senza frontiere ha annunciato che non renderà nota la posizione gps dei suoi ospedali in Siria, sia con il governo di Bashar al-Assad che con gli alleati russi, a causa dei ripetuti attacchi subiti.

    L’ultimo, in ordine di tempo, è quello del 26 aprile ad Aleppo. 

    Poco prima della tregua, il 15 febbraio 2016, un altro raid aveva colpito l’ospedale di Maarat al-Numan, nella provincia nordoccidentale di Idlib, provocando la morte di 25 persone, 9 operatori e 16 civili. Molti paesi occidentali hanno definito gli attacchi dei crimini di guerra.

    Joanne Liu, presidente di Msf international, ha detto che gli attacchi deliberati su infrastrutture civili sono ormai diventati una routine.

    “L’assistenza sanitaria in Siria è nel mirino di bombe e missili, ha detto Liu. “Gli attacchi contro i civili e gli ospedali devono fermarsi. La normalizzazione di tali attacchi è intollerabile”. 

    Dal 2011 le strutture sanitarie che non sono sotto il controllo governativo sono considerate dal governo della Siria come illegali, e questo spiega gli attacchi e le ripetute minacce, l’arresto, la tortura e l’uccisione di medici e infermieri. 

    Sono stati già quattordici gli attacchi contro ospedali dall’inizio di quest’anno, che contraddicono quanto sostiene Dmitry Medvedev, il primo ministro russo, secondo il quale le forze russe non stanno prendendo di mira infrastrutture civili come parte della campagna per sostenere il governo di Assad.

    “Negli ultimi 15 giorni si sono concentrati nell’area a nord di Aleppo e quasi tutti gli ospedali della zona sono fuori servizio perché sono stati presi di mira direttamente”, ha detto Mustafa Ajaj, che gestisce un ospedale di Medici senza frontiere nella città di Kafr Hamra. 

    Secondo Zaidoun al-Zoubi, a capo della Union of Syrian Medical Relief Organisations, sarebbero almeno 150 le strutture sanitarie colpite in totale nel corso del 2015. 

    Già nel 2013, la commissione di inchiesta indipendente delle Nazioni Unite, incaricata di indagare sui crimini di guerra in Siria, aveva detto che gli attacchi contro strutture mediche venivano utilizzati in modo sistematico come arma di guerra da parte del regime di Assad. Gli attacchi sono continuati senza sosta negli ultimi mesi.

    Alcuni ospedali sono stati colpiti due volte, uccidendo anche il personale medico e paramedico che arrivava sul posto per soccorrere i primi feriti nell’arco dell’ora successiva al primo attacco. 

    “Le strutture sanitarie supportate da Msf sono particolarmente vulnerabili in seguito alla decisione da parte del governo siriano che ha dichiarato illegale per qualsiasi clinica fornire assistenza medica alle vittime nelle aree controllate dall’opposizione”, ha dichiarato l’organizzazione umanitaria.

    Di conseguenza, nella maggior parte delle cliniche si è costretti a operare clandestinamente. 

    Nel febbraio dello scorso anno, l’ong Medici per i diritti umani aveva documentato 224 attacchi contro 175 strutture sanitarie dall’inizio del conflitto, e 599 erano stati i medici e i paramedici ad essere uccisi, e molti gli operatori umanitari arrestati.

    “È per questo che il 75 per cento di tutti i medici in Siria ha lasciato il paese”, spiega Zaher Sahlùl, l’ex presidente della Syrian-American Medical Society (Sams).

    “In generale i medici e gli infermieri catturati dalle forze di sicurezza nelle zone controllate dal governo vengono incarcerati, torturati, uccisi, minacciati o costretti a fuggire”, ha continuato. 

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