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    Oltre 6.500 operai immigrati sono morti in Qatar nei cantieri per i Mondiali di calcio

    Credit: facebook
    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 23 Feb. 2021 alle 13:06 Aggiornato il 23 Feb. 2021 alle 13:07

    Da quando il Qatar si è aggiudicato i Mondiali di calcio 2022, nel Paese hanno perso la vita oltre 6.500 lavoratori migranti provenienti da India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Sri Lanka, lo ha rivelato un’analisi condotta dal Guardian.

    I risultati, raccolti da fonti governative, indicano che una media di 12 lavoratori migranti provenienti da queste cinque nazioni dell’Asia meridionale sono morti ogni settimana da quella notte del dicembre 2010 in cui le strade di Doha erano piene di folle in estasi per la vittoria del Qatar.

    I dati provenienti da India, Bangladesh, Nepal e Sri Lanka hanno rivelato che ci sono state 5.927 morti di lavoratori migranti nel periodo 2011-2020. Separatamente, i dati dell’ambasciata pakistana in Qatar hanno riportato ulteriori 824 morti di lavoratori pakistani, tra il 2010 e il 2020. Il bilancio totale delle vittime è significativamente più alto, poiché queste cifre non includono i decessi di un certo numero di paesi che inviano un gran numero di lavoratori in Qatar, comprese le Filippine e il Kenya. Non sono inclusi anche i decessi avvenuti negli ultimi mesi del 2020.

    Negli ultimi 10 anni, il Qatar ha intrapreso un programma di costruzione senza precedenti, in gran parte in preparazione dei mondiali di calcio del 2022. Oltre a sette nuovi stadi, sono stati completati o sono in corso dozzine di grandi progetti, tra cui un nuovo aeroporto, strade, sistemi di trasporto pubblico, hotel e una nuova città, che ospiterà la finale dei Mondiali.

    I risultati – scrive il Guardian – rivelano l’incapacità del Qatar di proteggere i suoi 2 milioni di lavoratori migranti, o addirittura di indagare sulle cause dell’alto tasso di mortalità tra lavoratori in gran parte giovani. Dietro le statistiche si celano innumerevoli storie di famiglie devastate che sono state lasciate nel lutto, senza risposte e con enormi difficoltà economiche. I più determinati lottano per ottenere un risarcimento; la maggior parte affonda nella disperazione.

    In Qatar si trovano circa due milioni di lavoratori migranti ma questo paese non rispetta gli standard internazionali sul lavoro. La Ong Amnesty International ha ripetutamente chiesto alle autorità di abolire il sistema della “kafala”, che vincola per cinque anni il lavoratore al suo datore di lavoro e impedisce ad alcuni gruppi di lavoratori, come quelli impiegati nel settore delle pulizie, di lasciare il paese senza il permesso del datore di lavoro.

    Nel suo recente rapporto, Amnesty International ha denunciato come dal marzo 2018 centinaia di migranti che lavoravano presso tre imprese di costruzioni e di pulizie abbiano rinunciato a ottenere giustizia e siano tornati nei rispettivi paesi di origine senza un euro in tasca.

    Questo è avvenuto nonostante le autorità del Qatar, nell’ambito di una serie di riforme promesse in vista dei mondiali di calcio del 2022, abbiano istituito nuovi comitati che avrebbero dovuto risolvere rapidamente le controversie sul lavoro. Lo scorso anno questi comitati hanno ricevuto oltre 6000 denunce ma, alla fine dell’anno, nessuna era stata risolta.

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