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    Da dove proviene uno degli oli più usati nei cosmetici

    La storia delle cooperative marocchine che hanno saputo rispondere all'aumento della domanda internazionale del prezioso olio di argan

    Di Marco Carlone
    Pubblicato il 9 Set. 2015 alle 15:57 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 11:35

    L’olio di argan è uno degli unguenti più costosi e pregiati al mondo. Richiesto in particolar modo dalle industrie della cosmetica grazie alle sue proprietà lenitive, idratanti e protettive per la pelle, viene ricavato da un albero che cresce soprattutto nel sudovest del Marocco.

    La domanda internazionale di questo prezioso olio è aumentata in particolar modo negli ultimi dieci anni e sta continuando a crescere. Imprese multinazionali come la francese L’Oréal o la tedesca Henkel inseriscono l’unguento in una vasta gamma di prodotti che va dagli shampoo ai mascara, dalle creme per il corpo ai burrocacao.

    Nella regione marocchina di Souss – nel sud del Paese, dove si trova la più grande foresta al mondo di alberi di argan – più di tre mila persone lavorano grazie a queste piante, che di fatto costituiscono una delle risorse più importanti del territorio.

    La vita di queste persone è strettamente legata agli sviluppi futuri della domanda commerciale legata all’olio d’argan, la cui produzione avviene ancora con lunghi processi manuali e seguendo una tradizione centenaria. Ma che cos’è veramente l’olio di argan, da dove viene estratto e come viene prodotto?

    L’albero dell’argan assomiglia a un grande ulivo, ha una vita media che va dai 150 ai 200 anni, e cresce in nord Africa da circa 80 milioni di anni.

    Il frutto di questa pianta, simile ad una noce marrone molto resistente, viene pestato a mano con delle pietre per ricavare i semi contenuti al proprio interno. Dalla successiva spremitura dei chicchi – effettuata con un piccolo torchio manuale – si ottiene l’olio, che viene poi filtrato per separarlo da tutte le impurità. Il prodotto finale così estratto è utilizzabile, oltre che per l’industria cosmetica, anche per uso alimentare.

    In un territorio come quello della regione di Souss, dove gli alberi dell’argan costituiscono una delle pochissime risorse presenti, il pericolo di uno sfruttamento intensivo delle piante costituirebbe un grande rischio per l’economia della popolazione locale oltre che provocare un danno all’ambiente.

    Essendo gli uomini perlopiù pastori o contadini, secondo la tradizione spettava alle donne la produzione dell’olio per il fabbisogno familiare. Nonostante questo processo andasse avanti da secoli, con la globalizzazione le comunità locali hanno dovuto fronteggiare il cambiamento della domanda dell’unguento.

    Per questa ragione sono nate decine di cooperative – alcune delle quali promosse dalle stesse industrie di cosmetica – per preservare e regolamentare il lavoro delle migliaia di donne marocchine che oggi lavorano all’estrazione dell’olio.

    È stato così raggiunto un duplice obiettivo: da un lato la produzione è potuta aumentare in modo da soddisfare anche la domanda estera, dall’altro le donne hanno potuto compiere un passo avanti nell’emancipazione ottenendo un posto di lavoro retribuito.

    Non è stato facile, i nostri mariti spesso erano contrari al fatto che avessimo un lavoro. All’inizio solo le vedove o le ragazze non ancora sposate potevano entrare nelle cooperative. La loro convinzione è cambiata quando si sono resi conto che anche le proprie mogli e figlie potevano contribuire all’aumento del reddito familiare”, dichiara Taârabt Rachmain, presidente della cooperativa Tamounte.

    Il gruppo, creato nel 2003, oggi conta più di 50 donne lavoratrici, le quali riescono a contribuire sempre di più alle spese familiari grazie ai guadagni crescenti. Il prezzo di mercato dell’olio è raddoppiato rispetto a cinque anni fa, e parallelamente anche i salari.

    Tamounte a oggi è aperta anche ai visitatori, al fine di far conoscere e vendere a terzi il pregiato olio d’argan, nonché per promuovere lo scambio culturale con i tutisti stranieri.

    Resta il fatto che le piante di argan stanno progressivamente diminuendo nella regione marocchina. Alcune cooperative a tal proposito hanno valutato l’idea di introdurre dei macchinari che andrebbero ad automatizzare il lavoro manuale delle donne berbere. Le lavoratrici temono dunque di vedersi diminuire gli introiti provenienti da questa occupazione, un’eventualità che andrebbe a peggiorare una situazione economica di per sé già molto complicata.

    (In basso, un video prodotto dall’emittente britannica CNN documenta come viene prodotto l’olio di argan dalle donne marocchine)

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