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    Se questi rumori vi danno fastidio potreste soffrire di un’anomalia al cervello

    Siete allergici a suoni come la masticazione altrui, lo sbadiglio di una persona o il semplice scatto di una penna? Si chiama misofonia ed è una vera patologia

    Di TPI
    Pubblicato il 3 Feb. 2017 alle 18:45 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:45

    Reagire in modo estremamente negativo a certi suoni come la masticazione altrui, la respirazione, lo sbadiglio di una persona, il pianto di un bambino, o il semplice scatto di una penna, è sintomo di un disturbo conosciuto come misofonia.

    Secondo alcuni studi pubblicati dall’università di Newcastle, le persone che soffrono di questo disturbo potrebbero essere affette da un’anomalia al cervello.

    Se esposti a questi rumori, i “malati” possono rispondere con un’intensa reazione denominata dagli esperti “lotta o fuga”. 

    Gli scienziati dell’università di Newcastle hanno riscontrato una differenza nel lobo frontale del cervello di chi soffre di misofonia rispetto a chi non ne è affetto. Questa scoperta confermerebbe la reale esistenza della patologia, rispetto allo scetticismo che ha sempre circondato l’argomento.

    Per argomentare tale tesi gli scienziati hanno reclutato 42 volontari, tutti affetti da questa forma di ridotta tolleranza al suono, e hanno sottoposto loro rumori diversi, più o meno stressanti. I risultati pubblicati sulla rivista scientifica Current Biology hanno evidenziato che, monitorando l’attività cerebrale durante la riproduzione dei rumori, si assisteva ad un “movimento” di alcune aree del cervello in corrispondenza dei suoni più fastidiosi.

    La ricerca potrà forse aiutare persone come la ventinovenne inglese Olana Tansley-Hancock, 29 anni che ha raccontato di aver avuto anche problemi a trovare un lavoro a causa di questo fastidio: “Ho passato molto tempo ad evitare posti come il cinema. Ho dovuto cambiare carrozza sette o otto volte nell’arco di un viaggio di 30 minuti sul treno e ho cambiato lavoro dopo tre mesi perché passavo più tempo a piangere e ad avere attacchi di panico che a lavorare”. 

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