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    Obama ne ha per tutti: Sarkozy è un “gallo nano”, Putin un “boss”

    Di Antonio Scali
    Pubblicato il 20 Nov. 2020 alle 08:54 Aggiornato il 20 Nov. 2020 alle 09:03

    Ne ha per tutti Barack Obama. L’occasione è l’uscita in tutto il mondo del suo libro “Una terra promessa”. Una delle sue vittime preferite è l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy. “Con i suoi tratti scuri, vagamente mediterranei (era mezzo ungherese e per un quarto ebreo greco) e la sua bassa statura (un metro e 66 ma portava rialzi nascosti nelle scarpe per sembrare più alto), sembrava uscito da un quadro di Toulouse-Lautrec”. E ancora: “Le mani in perenne movimento, il petto gonfio come un gallo nano”. Giudizi pesanti, che da Obama non ti aspetteresti, e quasi al limite del body-shaming.

    Non che a livello intellettuale e di scaltrezza politica Sarkozy ne esca meglio: “Teneva l’interprete personale sempre accanto (a differenza di Merkel, parlava un inglese limitato)”. “Era tutto scatti emotivi e retorica iperbolica”. “A differenza di Merkel, quando si trattava di governare Sarkozy faceva una gran confusione, guidato spesso dai titoli dei giornali o dalla convenienza politica”. Il racconto più duro riguarda la fine del G20 del 2009 a Londra: “Mentre stavamo lasciando la sala Sarkozy prese per il braccio me e Tim (il segretario del Tesoro Tim Geithner, ndr). “Questo accordo è storico, Barack! Merito tuo! No, no, davvero!”. Sarkozy poi cominciò a scandire il cognome del mio segretario al Tesoro come un tifoso allo stadio, abbastanza forte da far voltare un po’ di teste. Non ho potuto che mettermi a ridere, non solo per l’imbarazzo evidente di Tim ma anche per l’espressione affranta sul volto di Angela Merkel, che ora guardava Sarkozy come una madre guarda un bambino troppo vivace”.

    Ma nel libro Obama ne ha da dire anche su altri leader politici mondiali. Putin? “Mi ricordava uno di quei politici di Chicago: duro, un tipo da strada. Un boss locale, solo con le testate nucleari e il diritto di veto all’Onu”. Erdogan? “Sapevo che il suo attaccamento alla democrazia sarebbe durato solo finché utile al suo potere”.

    Obama ha poi concesso un’intervista nella quale ha raccontato come andò il suo passaggio di consegne con Donald Trump. Al momento il tycoon non ha ammesso la sconfitta, per cui i tradizionali protocolli per la transizione ordinata del potere rischiano di non essere rispettati. “Chiamai Donald Trump quella sera stessa, a tarda notte, per congratularmi con lui, anche se la sua vittoria su Hillary Clinton aveva all’incirca lo stesso margine della vittoria di Joe Biden su di lui. Feci quella telefonata, non abbiamo rimandato per settimane fingendo che non fosse successo. Qualche giorno dopo lo invitai alla Casa Bianca con sua moglie, Melania. Feci in modo che tutti i miei dipartimenti e i mie collaboratori preparassero i manuali per la transizione. A quanto pare, non sempre sono stati letti. Uno di questi riguardava come affrontare l’eventualità di una pandemia. Sembra che non abbiano seguito le linee guida indicate. Cercai di mettere in pratica la lezione imparata da George W. Bush durante il mio insediamento. Il trasferimento pacifico del potere tra i partiti fa parte di ciò che fa funzionare una democrazia”.

    E sul presidente eletto Joe Biden, Obama afferma: “Queste elezioni hanno dimostrato che la società americana è profondamente divisa. Alcune di queste divisioni c’erano già prima di Donald Trump e continueranno ad esserci dopo di lui. Ma quello che è certo è che lui ha accelerato quelle divisioni. Ha alimentato le fiamme della divisione. Joe Biden, invece, è una persona che, per istinto e per carattere, unifica. Una cosa che ho imparato come presidente è che ciò che il presidente dice, il modo in cui lo dice, è molto importante. Il presidente degli Stati Uniti non può risolvere tutti i problemi, anche se spesso la gente si aspetta che sia in grado di farlo. Ma può incoraggiare un certo modo di interagire, un modo civile, un senso di comprensione degli altri. Penso che possa dare un tono a livello internazionale per quanto riguarda il modo in cui interagiamo con i nostri alleati, il modo in cui ci avviciniamo alla diplomazia. E penso che vedrete in Joe Biden un ritorno ad alcune delle tradizioni che ho cercato di mantenere quando ero presidente”.

    Leggi anche: “Entrai alla Casa Bianca e ci fu il panico”: le memorie presidenziali di Obama nel volume “Terra Promessa”

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