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    Nuove proteste contro Kabila nella Repubblica democratica del Congo

    A tre mesi dagli accordi con l'opposizione il governo di transizione non è stato ancora istituito. Si temono nuovi episodi di violenza

    Di Leonardo Cini
    Pubblicato il 7 Apr. 2017 alle 10:47 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:37

    Lunedì 3 aprile 2017 la coalizione di opposizione (detta Rassemblement) nella Repubblica democratica del Congo ha indetto una giornata di “ville morte” 8città morta) invitando tutti i cittadini di Kinshasa e Lubumbashi a rimanere a casa. La popolazione delle due maggiori città del paese ha risposto unanime a quest’iniziativa, volta a protestare contro il mancato rispetto degli accordi di transizione presi dal presidente Joseph Kabila con l’opposizione il 31 dicembre 2016.

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    Il 19 dicembre scadeva il secondo mandato di Kabila, che per legge non avrebbe più potuto restare in carica. Di fronte al suo rifiuto di cedere il potere a un governo democraticamente eletto, il giorno seguente l’opposizione si è mobilitata in manifestazioni di massa che hanno sconvolto i principali centri urbani per diversi giorni.

    Il 31 dicembre il governo Kabila e l’opposizione hanno raggiunto un accordo, detto di San Silvestro. Questo compromesso prevede che il presidente uscente formi un governo di transizione guidato da un primo ministro di opposizione, con l’obiettivo di organizzare delle elezioni democratiche nel dicembre 2017. 

    A tre mesi dagli accordi il governo di transizione non è stato ancora istituito, cosa che ha spinto l’opposizione a mobilitarsi con rinnovato vigore. 

    In seguito all’appello dei leader del Rassemblement, la mattina del 3 aprile 2017 Kinshasa ha assunto un aspetto spettrale. Le strade di questa città che conta ben oltre 10 milioni di abitanti, normalmente attraversate da un traffico infernale, sono rimaste deserte giorno e notte. 

    La grande maggioranza dei negozi, dei mercati e delle banche sono restati chiusi. Solo nel Municipio di Gombe, sede delle principali istituzioni governative e diplomatiche, l’orologio non si è fermato; ma all’ora di punta le automobili in circolazione si contavano sulla punta delle dita. 

    Un’adesione quasi unanime, un messaggio chiaro dal popolo congolese in supporto agli accordi di San Silvestro.

    Le manifestazioni non si sono fermate qui. Mercoledì 5 aprile è iniziato uno sciopero dei funzionari pubblici, e nei prossimi mesi è prevista un’assidua pressione sul regime. Già il 10 aprile l’Udps, partito principale del Rassemblement, ha convocato una manifestazione pacifica su scala nazionale. 

    Alle 12 di mercoledì 5 aprile, per la prima volta dal turbolento dicembre 2016 Kabila ha tenuto un discorso davanti alle due camere riunite. Con un colpo di scena, il presidente ha concluso il discorso impegnandosi a nominare entro 48 ore un primo ministro dell’opposizione per il governo di transizione. 

    Con un distinguo non indifferente. Il nuovo primo ministro sarà scelto da una lista di tre candidati proposti dall’opposizione, che si era battuta per poterlo nominare unilateralmente. In effetti, l’impegno del presidente suona più come un ultimatum imposto all’opposizione, che difficilmente verrà rispettato date le divisioni interne al Rassemblement

    Nel frattempo, il primo ministro uscente Samy Badibanga ha rassegnato le dimissioni. Ma se l’opposizione non presenterà la lista dei candidati entro il 7 aprile, allo scadere delle 48 ore Kabila potrebbe nominare un proprio candidato o addirittura reintegrare Badibanga alla guida del governo. 

    Questo costituirebbe una netta violazione degli accordi di San Silvestro, dalle conseguenze potenzialmente esplosive. 

    L’opposizione aveva già organizzato manifestazioni di massa contro la presa di potere di Kabila nei mesi scorsi. A settembre e dicembre 2016, decine di civili sono rimasti uccisi dalle forze di polizia e dalla guardia presidenziale. Si teme che le ripercussioni di questa settimana di tensioni possano portare a nuovi episodi di violenza nel paese.

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