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    Offensiva contro Boko Haram

    L'esercito nigeriano annuncia di aver liberato diverse ragazze, donne adulte e bambini che erano in mano ai miliziani. Tra di loro non ci sono le studentesse di Chibok

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 29 Apr. 2015 alle 14:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:50

    L’esercito nigeriano ha dichiarato di aver liberato nella giornata di giovedì 30 aprile un nuovo gruppo di donne e bambini che erano stati rapiti dai miliziani di Boko Haram e tenuti nella foresta Sambisa, nel nord-est della Nigeria, dove il gruppo islamista si stava nascondendo, secondo quanto riferito giovedì da un portavoce dell’esercito.

    “Sono stati trasferiti in una zona più sicura per ulteriori accertamenti,” ha riferito il colonnello Sani Usman, senza specificare però il numero delle persone salvate dai miliziani.

    Il giorno prima, mercoledì 29 aprile, l’esercito aveva annunciato di aver salvato più di 200 ragazze e 93 donne adulte dalla stessa foresta a nord est dello stato nigeriano di Borno, durante gli scontri per reprimere l’insurrezione islamista che va avanti nel Paese da ormai sei anni.

    Del gruppo di donne salvate, tuttavia, non farebbero parte le oltre 200 ragazze rapite nel villaggio di Chibok, nel nordest della Nigeria, la cui sorte rimane tuttora sconosciuta.

    I miliziani di Boko Haram hanno infatti rapito ad aprile dello scorso anno circa 270 ragazze dalla scuola di Chibok. Più di 50 di loro sono riuscite a scappare, ma almeno 200 rimangono nelle mani dei terroristi.

    Nonostante l’insurrezione rappresenti la più grande minaccia in termini di sicurezza affrontata dalla Nigeria, che è la più grande economia e il principale produttore di petrolio dell’Africa, è stato solo il rapimento di massa delle studentesse di Chibok ad aver destato l’attenzione mondiale sulla questione in Nigeria.

    Negli ultimi due mesi, l’esercito nigeriano ha ripreso il controllo di alcune zone nel nord del Paese, con l’aiuto di truppe provenienti dai vicini Ciad, Niger e Camerun.

    I nigeriani sperano che il presidente eletto a marzo Muhammadu Buhari, un ex-generale dell’esercito, possa sradicare l’insurrezione che il suo predecessore, Goodluck Jonathan, non era riuscito a sopprimere nel corso del suo mandato.

    Buhari ha promesso che compirà ogni sforzo possibile per liberare le studentesse rapite, pur ammettendo la possibilità che le ragazze non vengano mai ritrovate.

    Le ragazze di Chibok non sono le sole a essere state sequestrate dal gruppo estremista. Almeno 2mila donne e bambine sono state strappate alle loro famiglie dall’inizio del 2014 e molte di loro sono state ridotte in schiavitù sessuale e usate come scudi umani dai militanti, secondo un rapporto pubblicato da Amnesty International, l’ong che si batte per i diritti umani, in occasione dell’anniversario del rapimento delle studentesse.

    Il rapporto, intitolato Il regno del terrore di Boko Haram, si fonda su quasi 200 testimonianze oculari, tra cui quelle di 28 donne e bambine riuscite a fuggire ai loro sequestratori.

    Il documento accusa i miliziani di Boko Haram di aver commesso numerosi stupri, di aver costretto alcune donne a sposarsi con i ribelli e altre a compiere attacchi armati, a volte contro gli stessi villaggi da cui provenivano. Alcune donne kamikaze sono state utilizzate dai ribelli in una serie di attentati negli ultimi mesi.

    Boko Haram è un gruppo estremista islamico di stampo jihadista il cui nome vuol dire letteralmente “l’educazione occidentale è proibita”.

    Il leader ufficiale è Abubakar Shekau. Il gruppo è attivo dal 2002, principalmente in Nigeria ma anche nei Paesi confinanti: Ciad, Camerun e Niger.

    Boko Haram figura nella lista dei gruppi terroristici stilata dagli Stati Uniti dal 2013 e mira a costituire un califfato nell’Africa occidentale.

    I miliziani hanno ucciso finora migliaia di persone, causando inoltre lo sfollamento di circa altre 1,5 milioni. Dall’inizio del 2014, Amnesty International ha documentato almeno 300 raid e attacchi compiuti da Boko Haram contro i civili.

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