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    Almeno 60 sciiti morti negli scontri con l’esercito in Nigeria

    L'esercito nigeriano ha ucciso almeno 60 militanti di un movimento sciita in una retata avvenuta tra il 13 e il 14 dicembre

    Di TPI
    Pubblicato il 15 Dic. 2015 alle 13:50 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:48

    Almeno 60 persone sono rimaste uccise in un raid dell’esercito nigeriano a Zaria, nel nord del paese, che aveva come obiettivo il gruppo sciita Movimento Islamico.

    Secondo quanto riferito dal direttore dell’ospedale locale, il leader del gruppo – Ibraheem Zakzaky – sarebbe stato arrestato nel corso della retata.

    Secondo quanto riferito dall’esercito, il leader del movimento aveva cercato di uccidere il capo delle forze armate nigeriane Tukur Buratai quando il 12 dicembre alcuni membri del gruppo aveva fermato la sua automobile.

    Domenica 13 dicembre l’esercito ha dunque effettuato diversi arresti e perquisizioni tra i membri del Movimento Islamico, uccidendo diverse persone.

    “Ci sono almeno 60 corpi nel nostro obitorio” ha riferito a Reuters Khalid Lawal, direttore dell’ospedale Ahmadu Bello University Teaching Hospital.

    Il generale nigeriano Adeniyi Oyebade ha riferito che negli scontri che si sono verificati ci sono state vittime sia tra gli sciiti che tra i membri dell’esercito.

    Secondo il Movimento Islamico i morti sarebbero stati più di cento, ma non è possibile verificarlo dal momento che l’esercito nigeriano avrebbe portato via numerosi corpi.

    Un reporter di Reuters presente nell’area degli scontri ha parlato di esplosioni udite nei pressi dell’abitazione di Zakzaky e di strade cosparse di sangue delle vittime.

    In Nigeria, paese di 182 milioni di abitanti, ci sono circa 60 milioni di musulmani sunniti e circa due milioni di sciiti, molti dei quali divenuti seguaci di Zakzaky in seguito alla rivoluzione iraniana del 1979, che portò l’Ayatollah Khomeini, di religione sciita, alla guida dell’Iran.

    Proprio l’Iran, paese di riferimento per la comunità musulmana sciita, ha condannato gli eventi dei giorni scorsi attraverso una dichiarazione del ministro degli Esteri Mohammad Zavar Jarif.

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