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    La Nato per contare ancora ha bisogno di un nemico: Biden ne ha trovato uno

    Di Giampiero Gramaglia
    Pubblicato il 16 Giu. 2021 alle 08:07 Aggiornato il 16 Giu. 2021 alle 08:33

    L’hanno data per morta a più riprese, ma, 72 anni dopo, la Nato è sempre lì, la più lunga alleanza militare della storia – “e la più forte”, aggiunge il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Firmato a Washington il 4 aprile 1949, il Trattato dell’Atlantico Nord unisce Stati Uniti e Canada con i loro alleati europei.

    Inizialmente, i Paesi aderenti erano solo 12 – c’era l’Italia, ma non la Germania, che vi aderì nel 1955; oggi sono 30. La geografia europea della Nato non coincide, anche se si sovrappone in gran parte, con quella Ue: ci sono Gran Bretagna, Islanda, Norvegia, Macedonia. Montenegro, Albania e Turchia, mancano i Paesi neutrali, Irlanda, Svezia, Finlandia, Austria, oltre a Malta e Cipro.

    Vinta la Guerra Fredda, metaforicamente “neutralizzati” in rapida successione Unione Sovietica, Patto di Varsavia e Comecon, la Nato pareva avere esaurito i suoi compiti. Negli Anni Novanta, però, le guerre nei Balcani, le missioni umanitarie, le operazioni “fuori zona” le hanno fornito, più o meno surrettiziamente, ragioni per restare in vita; e, dopo l’11 settembre 2001, quando per la prima e finora unica volta venne invocato l’articolo 5 del Trattato, è scattata la “guerra al terrorismo”. L’articolo 5 impegna gli alleati alla mutua difesa in caso di attacco a uno di loro.

    Con l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca, la rottamazione dell’Alleanza apparve, però, un’ipotesi non remota: il magnate, intollerante del multilateralismo, martellava gli alleati perché spendessero di più per la difesa e mal sopportava i vincoli dell’articolo 5, che il suo successore, Joe Biden, definisce ora “solidissimo e incrollabile”.

    Forse, ad altri quattro anni del magnate presidente non avrebbe resistito. Biden, invece, le ha ridato vitalità, fiducia e, soprattutto, quello di cui un’alleanza militare ha bisogno: un nemico, anzi due, la Russia, che è sempre la solita storia, e la Cina. “La Nato è importantissima: se non ci fosse, la si dovrebbe inventare”, dice il presidente americano al segretario generale Jens Stoltenberg; e lo ribadisce nella plenaria di lunedì 14 giugno con i leader di tutti i Paesi.

    Dal G7 sulle spiagge della Cornovaglia al Vertice della Nato alla periferia di Bruxelles, Biden porta a partner ed alleati due semplici messaggi: il primo rassicurante, “l’America è tornata”, altra musica rispetto alle sfuriate di Trump contro multilateralismo e alleati; il secondo combattivo, “Abbiamo nuove sfide, la Russia e la Cina”, che poi sono – a ben vedere – le sfide di sempre.

    Quel guastafeste del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che si lamenta di non avere ricevuto adeguato appoggio nella lotta ai terroristi, come lui chiama i suoi oppositori, rovina un po’ il clima. Ma, nel complesso, le tappe d’avvicinamento al Vertice di mercoledì 16 a Ginevra col presidente russo Vladimir Putin filano via lisce, senza grossi screzi.

    Al tavolo della Nato, lunedì, s’è parlato di Russia, Cina, cyber-sicurezza, cambiamento climatico. Temi analoghi, più le questioni commerciali, martedì, al tavolo dell’Ue, dove finisce un contenzioso che durava da 16 anni, quello sui sussidi Boeing e Airbus. “Penso che abbiamo grandi opportunità di lavorare strettamente sia con l’Ue che con la Nato…. C’è un predominante interesse degli Usa ad avere ottimi rapporti con l’Ue e con la Nato”.

    Funzionari e diplomatici gongolano. I progetti di “Europa della Difesa”, cui le mattane di Trump davano concretezza, sono già tornati nei cassetti: c’è il Next Generation Eu da realizzare, difesa e sicurezza non sono problemi se l’alleato americano è questo qui.

    Intervenendo alla Nato, proprio Draghi rileva il ruolo centrale dell’Alleanza atlantica nella difesa e nella sicurezza europea, prospettandone “un rapporto complementare” con l’Unione europea: Nato e Ue – afferma Draghi – si rafforzano a vicenda, la coesione della Nato è una garanzia collettiva, lo spettro d’azione dell’Alleanza deve essere ampio e uno dei focus deve esserne il Mediterraneo.

    Biden incassa gli attestati d’atlantismo di Draghi e di molti altri leader. E cerca di arginare la fretta di Polonia e Paesi baltici per l’adesione alla Nato dell’Ucraina – il presidente Volodymyr Zelensky assicura che “Kiev dimostra ogni giorno di essere pronta” -: un’accelerazione in tal senso sarebbe pessimo viatico agli sviluppi delle relazioni con Mosca.

    Con la Russia, Biden vuole mostrare fermezza, ma non vuole rompere. La speranza, anzi, è quella di coinvolgerla in un cordone di sicurezza anti-cinese, perché l’espansionismo di Pechino, economico e commerciale, diplomatico e militare, può marginalizzare l’influenza russa in Africa e in Medio Oriente, persino nell’Asia centrale.

    La stampa Usa commenta in modo positivo l’esordio europeo del presidente Biden. Per la Cnn, gesti di cortesia banali, come gli incontri di Bruxelles lunedì e martedì e il clima disteso al G7 sotto presidenza di turno britannica la scorsa settimana, sono utili a ripristinare e rafforzare la qualità delle relazioni tra Stati Uniti e alleati europei “dopo anni di comportamenti corrosivi” di Trump che rendeva palese la sua scarsa considerazione per gli appuntamenti multilaterali, strigliava gli alleati e, nel 2017, all’esordio atlantico, spintonò malamente il premier del Montenegro Dusko Markovic per piazzarsi in prima fila nella foto ricordo.

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