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    Nassiriya, 20 anni fa la strage dei militari italiani in Iraq

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 12 Nov. 2023 alle 09:08 Aggiornato il 12 Nov. 2023 alle 09:21

    Il 12 novembre 2003. Venti anni fa esatti. Alle ore 10,40 locali (le 8,40 italiane) un’autocisterna forza l’entrata della base Maestrale, presidiata dai carabinieri, a Nassiriya, Iraq. È lanciata a tutta velocità, trasporta due attentatori e quasi 300 chili di esplosivo. Il carabiniere Andrea Filippa, di guardia all’entrata, abbatte uno dei due terroristi, ma il mezzo prosegue la sua folle corsa. Poi l’esplosione che, con un effetto domino, fa saltare in aria il deposito munizioni. Il bilancio è terribile: 28 militari morti, di cui 19 italiani e 9 cittadini iracheni. Un attentato che scosse l’Italia e non solo.

    Il comando dell’Italian Joint Task Force si trovava a sette chilometri da Nassiriya, in una base denominata “White Horse”, poco lontana da quella statunitense di Tallil. Il Reggimento Msi/Iraq, composto da carabinieri e polizia militare romena, occupava due postazioni: la base “Maestrale” e la base “Libeccio”, entrambe poste al centro dell’abitato di Nassiriya. Presso la prima avviene la tragedia, passata alla storia come il più grave attacco subìto dall’esercito italiano dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

    L’operazione, denominata “Antica Babilonia”, era stata inaugurata qualche mese prima, il 15 luglio. In Iraq erano giunti 3mila militari, tra cui 400 membri dell’Arma dei carabinieri. I loro compiti erano molteplici: il mantenimento dell’ordine e della sicurezza, l’addestramento della polizia locale, la gestione dell’aeroporto e l’aiuto alla popolazione (cibo, acqua, farmaci). Erano lì per “aiutare quel Paese a recuperare un po’ di normalità”, come ha ricordato il maresciallo Antonio Lombardo.

    A vent’anni dalla strage, i familiari delle vittime chiedono ancora la concessione delle medaglie d’oro al valor militare, per onorare la memoria e il sacrificio dei loro cari per la nazione. Dei 19 italiani morti nell’attentato di Nassiriya, cinque erano militari dell’esercito e dodici carabinieri. Il 12 novembre 2003 rimasero feriti altri venti connazionali: 15 carabinieri, quattro soldati e un civile. Di seguito i loro nomi, con relativi ruoli e gradi.

     Nell’attentato morirono anche due civili: Marco Beci, cooperatore internazionale, e il regista Stefano Rolla, impegnato con la sua troupe nelle riprese di uno sceneggiato sulla ricostruzione del Paese.

    Il ricordo della Meloni

    “Nella Giornata del ricordo dei Caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace, il Governo rivolge un doveroso e riconoscente omaggio a tutti i connazionali che hanno sacrificato la propria vita nei teatri operativi dove l’Italia è impegnata per difendere la libertà, la pace e la sicurezza. Il 12 novembre 2003 è un giorno che rimarrà scolpito, per sempre, nella memoria nazionale”. A dichiararlo è il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel ventesimo anniversario dell’attentato di Nassiriya.

    “Il popolo italiano – sottolinea Meloni – non dimenticherà mai ciò che vent’anni fa è successo a Nassiriya, il più grave attentato terroristico subito dall’Italia nelle missioni internazionali di pace nelle aree di crisi. Sono ancora vivide nelle nostre menti le immagini di quella drammatica giornata e la profonda commozione che l’attentato suscitò in tutta la Nazione, che non mancò di tributare agli eroi di Nassiriya un fortissimo sentimento di affetto e riconoscenza”.

    “Il ricordo dei caduti – aggiunge ancora la premier – è un dovere soprattutto verso le giovani generazioni, affinché attraverso la memoria possano conoscere e ammirare l’esempio di chi ha donato la vita per costruire la pace. L’anniversario di oggi è l’occasione per esprimere, ancora una volta, l’orgoglio che il Governo prova nei confronti degli uomini e delle donne, delle Forze Armate e del personale civile, impegnati nelle missioni di pace e che con il loro impegno, la loro dedizione e la loro professionalità rendono onore ogni giorno al Tricolore”.

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