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    Negli Stati Uniti un uomo che si era tatuato la scritta “non rianimatemi” è stato lasciato morire

    Credit: Miami University Hospital via NEM

    Un dibattito etico è sorto dopo la decisione dei medici di un ospedale della Florida di lasciar morire un uomo in stato di incoscienza

    Di Emma Zannini
    Pubblicato il 6 Dic. 2017 alle 18:42 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 00:29

    Negli Stati Uniti si è recentemente aperto un dibattito di natura etica in seguito alla decisione dei medici del pronto soccorso di un ospedale di Miami, in Florida, di lasciar morire un uomo in stato di incoscienza, dopo che gli era stato trovato un tatuaggio sul petto che recitava: “non rianimatemi”.

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    Un rappresentante dei medici, in una dichiarazione pubblicata sul New England Journal of Medicine, ha spiegato che inizialmente era stato deciso di non prestare attenzione al tatuaggio. “Il paziente è stato sottoposto a terapia empirica con antibiotici, con rianimazione endovenosa tramite liquidi, associata a vasopressori”.

    Ma dopo aver analizzato il caso con attenzione, i consulenti etici dell’ospedale hanno detto ai medici di tenere fede al tatuaggio, lasciando quindi morire l’uomo senza prestargli ulteriori cure. La conclusione dei consulenti è stata infatti che “sembrava più ragionevole dedurre che il tatuaggio esprimesse una reale preferenza”.

    In seguito, gli assistenti sociali sono riusciti a trovare, attraverso una tracciatura fatta a partire dalle impronte digitali, un documento ufficiale in cui l’uomo esprimeva una volontà analoga a quella manifestata attraverso il tatuaggio.

    In difesa della decisione la dichiarazione dei medici spiega anche che le leggi statunitensi spesso “non sono pronte a supportare una cura incentrata sul paziente e sul rispetto della volontà da lui espressa”.

    L’uomo era un settantenne che era stato portato in sala operatoria d’urgenza al Miami University Hospital per un livello troppo alto di alcol nel sangue, ed era privo di qualsiasi documento di identificazione. Il personale dell’ospedale, inoltre, non era riuscito a rintracciare nessun parente o amico.

    Il paziente aveva alle spalle una lunga malattia polmonare, aveva vissuto per anni in una casa di cura, ed era arrivato al pronto soccorso con un’infezione che gli aveva causato uno shock settico abbassandogli enormemente la pressione sanguigna.

    Il tatuaggio con scritto “non rianimatemi” era anche accompagnato dalla sua firma, ma secondo il team dei medici ha prodotto “più confusione che chiarezza”, perché molto spesso i tatuaggi possono essere il frutto di decisioni non ponderate e prese con leggerezza.

    I medici erano infatti a conoscenza di “una ammonizione”  pubblicata nel 2012 sul Journal of General Internal Medicine . Quel documento raccontava di un paziente di 59 anni che aveva un tatuaggio con una scritta analoga  sul petto, ma che dichiarò ai medici di esserselo fatto “solo per aver perso una scommessa giocando a poker”.

    Senza il successivo ritrovamento del documento ufficiale, in ogni caso, la decisione di far morire il paziente basandosi esclusivamente sul tatuaggio avrebbe potuto causare ai medici anche problemi di natura legale. Sarebbe mancato cioè un atto che documentasse in maniera chiara e inequivocabile la volontà dell’uomo, tale da rendere legalmente valida la decisione di non prestargli ulteriori cure.

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