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    Ricordando Margaret Thatcher

    La Lady di ferro è morta l'8 aprile del 2013. Il suo ricordo firmato dal direttore di TPI Giulio Gambino

    Di Giulio Gambino
    Pubblicato il 8 Apr. 2013 alle 17:19 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:48

    Margaret Thatcher amava fare le cose in grande. Che si trattasse di prendere una tazza di thé o di occupare le Malvinas, agiva sempre e rigorosamente con metodo.

    Guardava al futuro con ottimismo, anche quando nel 1984 l’IRA cercò di farla esplodere in aria nella sua camera del Grand Hotel di Brighton insieme al marito Denis, compagno fidato e sempre presente nella sua vita (anche in forma onirico-allucinata dopo la morte nel 2003).

    La sua stessa vita è stata immensa, così come immenso è il vuoto che ha lasciato alla sua morte, avvenuta l’8 aprile 2013 – all’età di 87 anni nella suite dell’Hotel Ritz di Londra a causa di un ictus (ne aveva già subiti alcuni, scaturiti dalla battaglia con la sua mente e causa di una forma di demenza senile).

    Non era forse questa la fine che molti avevano prefigurato per la Lady di ferro. Troppo dura, fredda e cinica per andarsene così, con un comunicato qualunque in un giorno qualsiasi dell’anno.

    87 anni di battaglie. Uno dopo l’altro. Da quando, giovane e bigotta figlia di un droghiere, iniziò la sua scalata nel mondo degli uomini della politica. Partendo da Grantham, nel Lincolnshire, dove era nata nel 1925, e arrivando fino a Westminster.

    Prima neo-parlamentare alla Camera dei Comuni nel 1959, poi segretario del ministero delle pensioni nel 1961, ministro dell’istruzione da ’70 al ’74 e infine, nel 1975, prima donna a capo del partito conservatore. Fino a quel celebre 1979 in cui divenne primo ministro. Carica che ricoprì per undici anni, ancora oggi unica donna insignita di tale titolo.

    Entrò a Westminster da primo ministro in punta di piedi citando San Francesco e ne uscì, undici anni più tardi, sbattendo i pugni sul tavolo. La signora di ferro, appunto. Più potente di tutti e tutto nel decennio 1979-1989. Senza paura di nulla. Non trattava con i terroristi, non cedeva mai e non si tirava indietro in nessuna circostanza.

    Emblematici – rimangono impressi nella memoria di tutti – i casi di fermezza di fronte all’assalto all’ambasciata iraniana a Londra, la lotta ai sindacati – che poi le costò cara – lo sciopero dei minatori, le dure misure d’austerità e il suo netto rifiuto all’Europa (‘Maggie’ fece dei Tory il vero partito euroscettico britannico, fino ad allora perlopiù prerogativa dei laburisti e motivo per cui poi fu di fatto condotta all’uscita dai suoi stessi compagni conservatori).

    Elegante, unica nel suo genere e instancabile lavoratrice. Laureata in chimica, baronessa di Kesteven ma soprattutto Iron Lady. E non solo per la sua durezza – tanto in economia quanto in politica estera – ma piuttosto per il suo carisma e la sua persona. Un timbro di voce che ancora echeggia a Whiteall.

    Anticipatrice, visionaria, temeraria. Una visione, la sua, quasi Churcilliana della politica e del mondo. Attentissima alle relazioni interpersonali con i suoi uomini, si dice avesse addirittura spiato due dei suoi ministri in passato. “Non mi interessa quanto discutono i miei ministri, l’importante è cha facciano quello che dico io”, disse una volta.

    Una donna sola al comando in un’epoca storicamente difficile. E, in quanto tale, sempre sul piede di battaglia. Doveva difendere i suoi diritti di donna, di madre e di primo ministro: “Ogni donna che sa come far andare avanti una casa è molto vicina a capire come far andare avanti una nazione”, affermò una volta.

    Parlamentare della camera dei Lord dal 1992 fino a oggi (domani, 9 aprile 2013, avrebbe celebrato i suoi 21 anni di presenza alla camera alta del parlamento), vinse tre volte le elezioni politiche nazionali: 1979, 1983 e 1987. È stata l’unico candidato nel Novecento britannico a vincere tre elezioni di fila (solo Tony Blair come lei). E, politicamente parlando, ha fatto d’apripista al ‘compagno’ Ronald Reagan.

    Aveva sempre qualcosa da ridire. Come quando, dopo che i direttori della Tate Gallery di Londra le dissero che Francis Bacon era il pittore britannico più importante di tutti, esclamò: “Non quell’uomo orrendo che dipinge quei quadri orribili!”.

    Di lei, che di certo non lo amava, Giulio Andreotti una volta disse: “La Thatcher è una donna di estrema intelligenza e di grande finezza, però ha un certo spirito autoritario con il quale è difficile stare insieme attorno a un tavolo”.

    Margaret Thatcher, nonostante tutto, rimane ancora oggi un modello per diversi primi ministri britannici. Ha cambiato il modo di fare politica a Londra e mosso l’economia britannica. Nel bene e nel male ha cambiato il suo paese.

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