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    Messico e Brasile contro la risoluzione Unesco sulla città vecchia di Gerusalemme

    I due paesi hanno chiesto che venga rivisto il documento accusato di cancellare il legame fra ebraismo e i luoghi santi della capitale

    Di Davide Lerner
    Pubblicato il 19 Ott. 2016 alle 10:58 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:22

    La controversa risoluzione dell’Unesco sulla città vecchia di Gerusalemme, che nei giorni scorsi aveva sollevato un polverone perché sminuisce il legame fra gli ebrei e il rettangolo sacro dove sorgono Moschea Al Aqsa, Muro del Pianto e Duomo della Roccia, è stata rinnegata da Messico e Brasile che inizialmente l’avevano votata.

    In un primo momento il Messico aveva addirittura valutato l’ipotesi di invocare una clausola speciale per la ripetizione del voto. Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, la decisione arriva in seguito a forti pressioni della comunità ebraica all’interno del paese.

    Israele aveva deciso di sospendere definitivamente le proprie relazioni con l’Unesco dopo l’approvazione del documento, rompendo un rapporto già teso a partire dall’ingresso della Palestina nell’organizzazione cinque anni fa. La risoluzione, durissima contro Israele per quanto riguarda la sua gestione della zona contesa, ha però causato reazioni soprattutto per la terminologia utilizzata nel descrivere la collina della Città Vecchia dove si trovano i luoghi santi.

    All’appellativo ebraico “Monte del Tempio” – che fa riferimento al Tempio di Salomone definitivamente distrutto dai romani nella campagna del 70 d.C. come rappresentato sull’Arco di Tito a Roma – i redattori preferiscono quello arabo di Haram Al Sharif (Nobile Santuario). Lì oggi sorgono due imponenti moschee: la prima, il Duomo della Roccia, è nota per la sua cupola dorata e sovrasta, secondo la tradizione ebraica, il punto più sacro in assoluto del vecchio tempio (Santo dei Santi).

    La seconda, moschea Al Aqsa, è il punto in cui Maometto sarebbe salito al cielo con il suo cavallo alato, ma forse anche la sommità su cui Abramo tentò di sacrificare Isacco (episodio significativo per entrambe le religioni visto che fa parte dell’Antico Testamento). La cosa più grave per gli israeliani, tuttavia, è che il Muro del Pianto, ultimo resto del tempio di Salomone e luogo venerato nell’ebraismo moderno, viene descritto con il nome arabo del piazzale circostante (Al-Buraq) e solo in seconda battuta con l’appellativo “Western Wall”, per giunta fra virgolette.

    La polemica ha raggiunto anche l’Italia, che si è astenuta in occasione del voto all’Unesco. In prima linea Il Foglio, quotidiano tradizionalmente filo-israeliano, che nell’edizione di ieri ha convocato una manifestazione di protesta alle 15 di mercoledì 19 ottobre presso la sede dell’Unesco a Roma (Piazza di Firenze 27).

    Il quotidiano parla addirittura di “messaggio negazionista” e, non contento suggerisce il paragone con l’Olocausto in maniera implicita, di “grande Shoah culturale della Memoria” poiché la risoluzione oscurerebbe il legame storico fra l’ebraismo e i suoi luoghi sacri.

    Lo stesso Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri a Montecitorio, non giustifica la mancata opposizione italiana alla risoluzione sostenuta soprattutto da paesi arabi (oltre ai palestinesi, Egitto, Marocco, Sudan, Algeria, Libano, Oman, Qatar), parlando di “atteggiamento alla Ponzio Pilato”.   

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