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    “Noi, italiani a Londra, vi raccontiamo com’è la vita senza restrizioni anti-Covid”

    Il premier britannico Boris Johnson. Credit: ANSA
    Di Matteo Giorgi
    Pubblicato il 27 Ago. 2021 alle 16:32

    È ormai passato più di un mese da quando in Regno Unito è scattato il “Freedom day”, il “giorno della libertà” fortemente voluto dal premier Boris Johnson (e arrivato dopo una serie di step) che ha segnato la fine di ogni tipo di restrizioni anti-Covid in tutto il Paese.

    Dal 19 luglio 2021 è cessato ogni obbligo di distanziamento e uso di mascherine o dispositivi di protezione (escludendo i mezzi di trasporto pubblici), tutte le attività hanno riaperto (locali notturni e discoteche comprese) e per tutte le altre – teatri, sale concerti, cinema – è finito ogni tipo di limitazione di capienza. Insomma, si è fatto un salto indietro all’estate 2019, quando Londra e tutto il Regno Unito riempivano i bar e le attività all’aperto.

    Il tutto è avvenuto mentre la comunità scientifica insorgeva. In quei giorni si registravano nel Paese oltre 53.000 casi Covid al giorno e in costante salita. Cosa starà accadendo un mese dopo? Si saranno pentiti? Ci sarà stato un dietrofront? Quanti casi ci sono al giorno? I 200.000 che prevedevano i virologi?

    “A dire la verità qui non sappiamo nemmeno quanti casi ci sono oggi. L’informazione sulla pandemia ha un processo completamente diverso rispetto all’Italia”, ci raccontano Raffaele e Nicola, italiani che vivono ormai da ormai 10 anni insieme nel centro di Londra.

    “Fondamentalmente la popolazione è avvisata quando la situazione negli ospedali si fa difficile e a quel punto scattano le restrizioni. Considera che noi, al contrario dell’Italia, ci siamo fatti non uno ma ben tre lockdown,  l’ultimo dei quali è finito in primavera: potevamo muoverci solo attorno a casa, era tutto chiuso, eccetera… Ora siamo tornati alla vita pre-Covid, anche se ovviamente molte persone usano ancora la mascherina per proteggere sé stessi, più che altro. Io lavoro in una grande catena di abbigliamento e nei nostri negozi ‘consigliamo’ di portarla, ma non c’è nessun obbligo”.

    Va detto: la campagna vaccinale, tra le più avanzate in Europa, ha sicuramente dato i suoi frutti e portato a questa decisione. “Qui c’è un approccio completamente diverso ai vaccini. Sì, i No Vax ci sono ma sono completamente isolati. Non si parla di loro, non gli viene dato risalto. E soprattutto passa il messaggio che solo attraverso una vaccinazione di massa e restando testati si potrà tornare alla vita ‘normale’. La gente, giustamente, si fida e i risultati si vedono”.

    Ma è tutto oro quel che luccica? La situazione negli ospedali com’è? Ne abbiamo parlato con Maurizio, italiano di servizio in un ospedale appena fuori Londra da oltre 5 anni. “Chiariamo subito: il livello di attenzione da parte delle autorità non si è mai abbassato, anzi. Tutti i lavoratori nel servizio sanitario pubblico sono tenuti a farsi l’auto-test rapido ed a comunicare il risultato via internet due volte a settimana”.

    “In ospedale le misure di anti-contagio sono sempre in vigore, anche se ora hanno permesso, tramite appuntamento, la visita da parte di parenti o amici ai pazienti”, racconta ancora Maurizio. “Hanno aperto tutto, ma il controllo è comunque pressante. Per strada regalano gli auto-test, ci sono bancarelle e punti in cui fare tamponi ovunque, perché comunque il virus continua ad uccidere se trova il paziente in condizioni di salute non perfette e con altre patologie: è questo il motivo per cui si parla già di terza dose”.

    “Parlando anche con colleghi di altri ospedali pensiamo che la situazione sia sotto controllo: sempre tenendo l’attenzione alta, testando il più possibile e spingendo la vaccinazione. C’è l’app NHS track and trace tramite cui devi segnalare se vai in un posto in modo che possano avvisarti se ci sono stati dei positivi vicino a te quel giorno e metterti in quarantena”.

    “Quindi, sì, ci sono ancora tanti positivi, ma quando abbiamo riaperto erano 50.000 al giorno, oggi siamo attestati sui 30.000, senza che gli ospedali siano in sofferenza”, conclude l’italiano. “Sembrano dati incredibili rispetto ai vostri ma ricordiamoci che a Londra c’è gente che viaggia e viene da ogni parte del mondo, ci sono 5 aeroporti e ho conosciuto persone che vengono da Paesi che manco saprei posizionare sulla cartina. Questa multirazzialità non aiuta certo ad arginare il virus. Diciamo che per primo il Regno Unito sta cercando di tracciare il percorso futuro: col Covid dovremo conviverci ancora a lungo e questo è il primo esperimento che dimostra concretamente come una vita normale potrebbe essere possibile anche di questi tempi”.

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