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    L’ombra dell’ex presidente dietro il voto in Liberia

    Di TPI
    Pubblicato il 20 Dic. 2017 alle 13:05 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 07:52

    Tra meno di una settimana in Liberia si terranno gli attesi ballottaggi delle elezioni presidenziali, che potrebbero regalare alla più antica repubblica del continente il primo passaggio pacifico di potere da oltre 70 anni. Il paese tuttavia ancora si trova ad affrontare le ombre lunghe della guerra civile e del regime di Charles Taylor, il primo capo di stato condannato dalla giustizia internazionale dopo il processo di Norimberga.

    Nel ballottaggio del 26 dicembre si affronteranno l’ex calciatore del Milan George Weah e Joseph Boakai, vicepresidente e esponente del partito di maggioranza. Il favorito per succedere al premio Nobel per la pace Ellen Johnson Sirleaf è considerato Weah, che si è imposto al primo turno con poco meno di 10 punti percentuali di vantaggio sul secondo arrivato.

    L’elezione si sarebbe dovuta tenere un mese e mezzo fa ma è stata posticipata a causa di denunce di brogli da parte di Charles Brumskine, candidato arrivato terzo, sostenute anche da Boakai. Nessuno dei due candidati che disputeranno il secondo turno appartengono alle famiglie di origine statunitense che hanno dominato la politica liberiana dalla sua fondazione, potenzialmente una svolta nella vita politica del paese.

    Tuttavia le ombre del sanguinario regime di Charles Taylor, terminato nel 2003, non hanno abbandonato la questa campagna elettorale. Tutti i candidati principali del primo turno del 10 ottobre sono in qualche modo associati a Taylor. Boakai ha ricevuto il sostegno dell’uomo più ricco del paese, a capo degli affari marittimi del paese durante il governo di Taylor mentre Brumskine era stato membro del suo partito e presidente del Senato. George Weah ha mostrato un legame ancora più esplicito con Charles Taylor candidando come vicepresidente la sua ex moglie, Jewel Howard Taylor.

    Nel corso della campagna elettorale ha evitato le polemiche, smentendo chi lo accusava di voler rimpatriare il dittatore, detenuto in Gran Bretagna a 50 anni di reclusione per crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi durante la guerra civile in Sierra Leone, durata 11 anni. Secondo il presidente della corte speciale per la Sierra Leone che lo ha condannato “l’accusato è responsabile di aver favorito e anche pianificato alcuni dei crimini peggiori e più brutali nella storia dell’umanità”.
    Il nome di Taylor non ha pesato sulla candidatura di Weah, che al primo turno è arrivato in testa nella provincia di Bong, feudo dell’ex dittatore. Secondo quanto riportato da Afp, una parte significativa della popolazione a Bong ricorda con affetto Charles Taylor. Secondo un impiegato di una compagnia assicurativa avrebbe fatto “del suo meglio”, proteggendo la regione anche durante la guerra civile e sostenendola economicamente.
    “Sarei veramente contento se il nostro ex presidente tornasse” ha dichiarato invece Dekergar Duko, un 25enne che lavora spaccando pietre. “Almeno avremmo la crescita”.

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