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    Lo stato del giornalismo americano

    Una ricerca del Pew riflette sulla situazione del giornalismo tradizionale, oggi alle prese con internet

    Di Giulio Alibrandi
    Pubblicato il 19 Mar. 2013 alle 14:33 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 11:46

    Un rapporto pubblicato lunedì da Pew (un centro studi con sede a Washington) racconta lo stato del giornalismo americano e offre un possibile sguardo nel futuro dell’informazione.

    Il report descrive gli sforzi di un settore che sta ancora facendo i conti con l’ondata d’innovazione portata da internet, tra speranze future e pesanti sacrifici nel presente. In primo luogo, tagli implacabili hanno drasticamente ridotto il numero di giornalisti impiegati nelle newsroom americane.

    Sono infatti ben lontani i tempi del 2000, anno in cui fu raggiunto il livello massimo nell’impiego di professionisti a tempo pieno. Con i tagli dell’ultimo anno il numero di giornalisti nella carta stampata è sceso del 30 per cento rispetto a 13 anni fa e per la prima volta dal 1978 è sceso al di sotto delle 40 mila unità.

    La situazione difficile dell’editoria riguarda anche la televisione. I telegiornali dedicano più tempo alle notizie di sport, traffico e meteo, riducendo lo spazio riservato a servizi e reportage. Un fenomeno che riguarda le Tv locali, ma non solo. Anche una rete come la Cnn, la cui offerta è tradizionalmente incentrata su reporting approfondito, negli ultimi cinque anni ha dimezzato il tempo dedicato ai servizi.

    La chiusura di Newsweek e il taglio di 500 dipendenti da parte di Time hanno assestato un colpo ulteriore all’immagine dei media tradizionali. Tuttavia per la carta stampata non ci sono solo notizie negative. Molte testate hanno sperimentato metodi per far pagare i contenuti online, in alcuni casi con buoni risultati.

    Il New York Times ha reso noto che i proventi dalla vendita del giornale hanno superato quelli pubblicitari, un’autentica rivoluzione rispetto alla ripartizione consueta dei ricavi, che tradizionalmente erano da attribuirsi per l’80 per cento alla pubblicità e solo per il restante 20 per cento alla distribuzione.

    Alla data del rapporto, il 32 per cento dei quotidiani ha adottato un metodo per far pagare i contenuti online, spaziando dagli abbonamenti ai cosiddetti paywall. Gli abbonamenti digitali emergono come una risorsa sempre più necessaria considerando anche la crescita definita “anemica” dei ricavi pubblicitari digitali, pari al 3 per cento annuo.

    Secondo lo stesso Andy Mitchell, direttore del progetto che ha realizzato lo studio, “siamo arrivati a un punto in cui dobbiamo tornare alla qualità e riflettere su cosa stiamo offrendo alla gente”.

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