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    Lettera da Darjeeling

    Tra lasciti britannici, Tibet e India

    Di Laura Stahnke
    Pubblicato il 26 Giu. 2014 alle 00:47 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:26

    Arrivo a Darjeeling e mi accoglie una nube bianca che per tutta la mia permanenza non lascerà la zona per più di tre ore consecutive. Se non fosse che sono in fuga da Delhi, dove il sole batte a 45 gradi da quasi due settimane, ne sarei probabilmente dispiaciuta. In questa occasione invece ringrazio per il bel tempo e mi accingo a conoscere la zona a ritmi rallentati, vista la scarsa visibilità e la pioggia che inevitabilmente accompagna la nube bianca.

    Darjeeling è una cittadina all’estremo Nord del West Bengal alle pendici dell’Himalaya, ed era un tempo il rifugio estivo del Raj britannico. L’eredità coloniale è ancora percepibile quasi in ogni angolo della città: villette vittoriane, una ‘Oxford bookstore’, campanili a punta, un treno a vapore ancora funzionante e panetterie dall’aspetto e sapore decisamente occidentali si alternano a templi hindu, monasteri buddhisti e mercati in cui i momo locali vanno invece per la maggiore.

    Uno dei lasciti principali dell’epoca britannica è sicuramente il tè: Darjeeling è circondata da campi in cui si coltiva il tè che verrà poi esportato ovunque. Sono stati gli Inglesi ad imporne la coltivazione e il consumo quasi due secoli fa, sperando di creare un mercato di milioni di consumatori per le produzioni di tè che loro stessi gestivano.

    Considerando che ad oggi il chai – o masala tea – è la bevanda più popolare di tutto il Paese, la loro politica si è rivelata decisamente vincente. Anche il controllo britannico sulle piantagioni di tè non è una pratica abbandonata: la più famosa piantagione organica della zona di Darjeeling, l’happy valley estate, vende infatti il suo tè in esclusiva ai grandi magazzini inglesi di Harrods.

    Oltre che dall’epoca coloniale britannica, Darjeeling ha ricevuto una forte influenza anche dalla cultura tibetana. Ovunque in città si vedono le bandierine da preghiera colorate tipiche del buddhismo tibetano e diversi monasteri si intravedono nel folto della vegetazione subito fuori dal centro abitato. Il Tibet si trova infatti ‘solo’ oltre le montagne e Darjeeling storicamente ha sempre rappresentato uno snodo commerciale importante tra Tibet e India.

    Al giorno d’oggi la tradizione continua, vista la nutrita presenza di negozi in cui vengono offerti ogni tipo di manufatti provenienti dall’altro versante dell’Himalaya. Dal 1959, anno in cui è iniziata la diaspora tibetana, Darjeeling ospita un centro d’accoglienza per rifugiati. Alcuni di essi vi risiedono tuttora, anche se molti di loro sono nati in esilio. In un pomeriggio di pioggia visito il centro: una decina di rifugiati sono impegnati a filare la lana o a dipingere biglietti di auguri che verranno venduti nel negozio all’interno della struttura.

    La donna che dipinge cartoline si lascia scattare una fotografia. “Basta che poi compri una delle mie cartoline”, mi dice. Sorrido, e penso che devo iniziare a farmi pagare anch’io per tutte le foto che mi scattano gli indiani in continuazione. Poi penso che se avessi dovuto pagare per tutti i ritratti scattati più o meno di nascosto da quando sono in Asia avrei probabilmente lasciato la fotografia da anni. Abbandono l’idea delle fotografie a pagamento e mi accingo invece a comprare una cartolina al negozio del centro.

    Una mattina la nube bianca ha deciso di dare una tregua a Darjeeling. Mi sveglio quando fuori è ancora buio per andare ad ammirare l’alba dal Tiger Hill, uno spot nascosto da cui si dice che nei giorni più sereni si riesce a intravedere addirittura l’Everest. Mi sento galvanizzata e avventurosa come Indiana Jones, più che altro per il fatto che mi sono svegliata alle tre del mattino di mia spontanea volontà.

    Mi vesto alla rinfusa e parto alla volta di questa quasi avventura. Dopo mezz’ora di cammino, però, non è difficile capire di essere arrivati a destinazione: centinaia di altri turisti, di cui la stragrande maggioranza è indiana, stanno già aspettando il sole armati di macchine fotografiche di ogni sorta. A quanto pare non sono l’unica a leggere la Lonely Planet o simili. Cerco un posto da cui si riesca a intravedere qualcosa oltre le teste davanti a me e per l’ennesima volta penso che non seguirò mai più i consigli della guida.

    Non ci vuole molto a realizzare che gli ormai antichi reggenti britannici e le loro signore sono stati sostituiti dalle migliaia di turisti che da tutta l’India arrivano a Darjeeling in continuazione. Muniti di macchina fotografica, i viaggiatori indiani arrivano qui in foltissimi gruppi per godersi il clima e le spettacolari viste di questa perla del West Bengal.

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