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    Le ultime dalla Palestina

    Samar Assawi interrompe lo sciopero della fame e Catherine Ashton è chiamata a riaprire i dialoghi dopo gli accordi di Oslo

    Di Marco Maisano
    Pubblicato il 30 Apr. 2013 alle 03:53 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 09:05

    Dopo 9 mesi di digiuno il palestinese Samar Assawi ha deciso di interrompere lo sciopero della fame. La decisione è stata presa alla notizia del suo rilascio entro la fine di dicembre 2013. Assawi in passato aveva rifiutato l’esilio, chiedendo il riconoscimento dello status di prigioniero politico e più diritti per i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Lo sciopero aveva portato nei mesi scorsi migliaia di palestinesi nelle piazze, creando un clima di alta tensione e portando molti analisti a supporre l’inizio di una terza Intifada. L’interruzione dello sciopero della fame di Assawi ha però riaperto il dibattito intorno alle forme di opposizione degli ultimi anni.

    Oggi una richiesta di cambio di rotta proviene anche dall’Unione Europea, che nelle parole di un “gruppo di eminenti personalità europee sul processo di pace in Medio Oriente” dichiarano terminata la fase “Oslo”. Il gruppo avrebbe chiesto a Catherine Ashton (Alto Rappresentante per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza), un immediato cambiamento delle politiche europee in Medio Oriente che superi lo stallo nel quale si trova l’area.

    L’ormai conclamato fallimento di Obama, che nella recente visita in Israele non è stato in grado di proporre un programma che permetta la riapertura del dialogo, ha spinto l’Unione Europea a fare il primo passo. Addirittura tredici ministri degli Esteri avrebbero chiesto l’introduzione di una norma che obblighi ad apporre un etichetta che certifichi l’origine dei prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani in Cisgiordania. L’Unione Europea punta poi il dito contro l’Anp, considerata ormai incapace di assicurare progresso al Paese e dilaniata da correnti interne che ne minerebbero la credibilità interna ed internazionale.

    Ma Abu Mazen non ci sta. Il leader palestinese non intende infatti cedere e nonostante le dimissioni di importanti esponenti dell’Anp, tira diritto a suo dire verso un governo di unità: “ci stiamo muovendo in sintonia con la Dichiarazione di Doha e l’incontro del Cairo dell’8 febbraio 2013. Il leader palestinese è stato a Napoli per ricevere dal sindaco De Magistris la cittadinanza onoraria e da qui ha lanciato un appello a Israele: “Sappiamo che l’Italia spinge per il processo di pace e che anche gli Usa sono determinati. Israele colga questa occasione ghiotta, in futuro potrebbero non esserci occasioni simili. Noi lavoriamo per questo, per una pace reale, e perché anche Israele possa vivere in pace e sicurezza”.

    Si dichiara invece “allibito” il rabbino capo di Napoli Scialom Bahbout: “un’onorificenza dovrebbe essere conferita a persone degne, limpide, che non hanno scheletri nell’armadio”. E questo, spiega, “non è il caso di Abu Mazen, che nella sua tesi di laurea ha negato l’olocausto e che non ha mai preso le distanze dagli attentati terroristici dei palestinesi”.

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