Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    Le piramidi del Sudan

    Gli archeologi portano alla luce 35 nuove piramidi a Sedeinga

    Di Mauro Annarumma
    Pubblicato il 3 Apr. 2013 alle 02:03 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 23:00

    La regione di Albajarawia è meta di gran parte del turismo interno del Sudan, attratto dalla relativa sicurezza dell’area e dalle piramidi, una meravigliosa eredità del regno di Kush, la potente dinastia che, a partire dal 2000 a.C., edificò un regno che fece da collegamento tra l’Africa profonda e l’Egitto dei Faraoni. “Non si dimentica la sabbia del deserto di Albajarawia sotto il chiaro di luna”, si sente dire a Khartum.

    Le piramidi del Sudan, infatti, seppur lontane dalla notorietà delle sorelle in Egitto, conservano intatto il loro fascino millenario, e richiamano da decenni archeologi e studiosi locali, arabi ed europei, convinti di trovare qui molte risposte alle lacune sulla storia delle civiltà africane.

    Di recente, è stata resa nota la scoperta dei resti di nuove piramidi, simili a quelle di Albajarawia. Forte dei nuovi investimenti del Qatar, il Sudan ha portato alla luce, tra il 2009 e il 2012, ben 35 piramidi di piccole dimensioni, tutte nel sito di Sedeinga.

    Le piramidi di Sedeinga

    Di piccole dimensioni, non più alte di 20 metri, le piramidi di Sedeinga raggiungono, in compenso, una densità notevole, tanto da confinare con il centro abitato, che fu costretto evidentemente a riutilizzare le stesse strutture ad uso funerario.

    Tra quelle rinvenute a Sedeinga, la più piccola misura solo 30 cm di lato: era destinata probabilmente alla sepoltura di un bambino.

    La particolarità di queste costruzioni, che le distingue dalle altre presenti in Sudan, è la loro base (unica parte in realtà giunta ai nostri giorni), che si presenta quadrangolare con una cupola interna collegata a quattro segmenti corrispondenti agli angoli della stessa base.

    Patrimonio Mondiale

    Meroe è stata la capitale del regno di Kush per più di sei secoli, fino al 300 d.C., ma ancor prima ne era stata capitale meridionale, dall’800 al 350 a.C. Le sue 80 piramidi sono tra quelle meglio conservate, grazie ai materiali usati, nonostante i colpi visibili dei cacciatori di tesori.

    Queste piramidi sono più piccole di quelle egizie, con pareti inclinate a 70°. La sepoltura avveniva non al loro interno ma al di sotto, erano cioè una sorta di ‘coperchio’, con un tempietto quadrato sul davanti, decorato a bassorilievo.

    Il grande patrimonio archeologico, riconosciuto Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’Unesco, di inestimabile valore storico e culturale, non attira però molti turisti, per via dell’ embargo degli Stati Uniti e delle condizioni di sicurezza precarie, relative ai conflitti che attanagliano il Sudan nelle sue periferie, dal Darfur alle regioni del Kordofan e del Nilo Azzurro.

    La “democratizzazione delle piramidi”

    Kush edificò un regno esteso tra l’Egitto e l’Impero Romano, e costruì numerose piramidi, sebbene di piccole dimensioni, per centinaia di anni, anche quando quelle in Egitto erano già in rovina.

    Si è parlato, per le piramidi sudanesi, di “democratizzazione delle piramidi“: a differenza di quanto accadeva in Egitto, dove la loro costruzione era appannaggio esclusivo dei Faraoni, in Sudan si permise a tutti coloro che ne avessero la possibilità, per ricchezza e prestigio, di costruirle e di seppellirvi principi, notai, regine e governanti.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version