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    I lavoratori non europei che guadagnano meno di 35 mila sterline dovranno lasciare il Regno Unito

    Dal 6 aprile i lavoratori qualificati al di sotto della soglia non potranno più fare domanda per un permesso di soggiorno a tempo indeterminato

    Di TPI
    Pubblicato il 12 Mar. 2016 alle 15:56 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:19

    A partire dal 6 aprile 2016, cambiano le regole per ottenere un “permesso di restare a tempo indeterminato” nel Regno Unito. I migranti provenienti da paesi al di fuori dello spazio economico europeo (See) che guadagnano meno di 44.400 euro (35 mila sterline) l’anno non potranno più fare domanda per questo tipo di permesso di soggiorno e dovranno lasciare il paese.

    I lavoratori qualificati extra-See che desiderano trasferirsi nel Regno Unito devono ottenere un visto di categoria due. Per essere idoneo, il candidato deve essere in possesso di un’offerta di lavoro che garantisca un salario di almeno 26.400 euro circa all’anno (anche se esistono delle eccezioni per alcune occupazioni), avere un minimo di circa 1.200 euro per 90 giorni sul proprio conto bancario e ottenere un certificato di sponsorizzazione dal datore di lavoro, oltre a dover pagare una tassa sanitaria di circa 250 euro annui e provare la padronanza della lingua inglese.

    Questo visto consente al migrante di restare nel Regno Unito fino a sei anni. Al quinto anno, il lavoratore può fare domanda per il “permesso di restare a tempo indeterminato”. Tuttavia, dal 6 aprile, coloro che non godranno di uno stipendio annuale di circa 44.400 euro non potranno richiedere tale permesso e saranno espulsi dal territorio britannico.

    Queste nuove regole non riguardano la categoria infermieri, né dottorandi e ricercatori, né lavoratori appartenenti alle categorie elencate nella lista di carenza di personale. Inoltre, non riguarderanno nemmeno i lavoratori che sono arrivati nel Regno Unito con un visto di categoria due prima del 5 aprile 2011.

    Secondo il governo, la nuova regolamentazione ha lo scopo di incoraggiare i datori di lavoro a investire nella formazione dei cittadini britannici e incentivarli ad assumere personale nazionale piuttosto che lavoratori stranieri a costi inferiori. 

    La quota di 35 mila sterline annue è stata stabilita su consiglio del Comitato di consulenza sulla migrazione e, secondo l’ufficio per gli Affari Interni, riflette il salario medio di un lavoratore qualificato britannico. 

    La decisione ha causato aspre critiche su molti fronti. Aziende e professionisti, come insegnanti e ingegneri, insistono che la carenza di personale britannico davvero qualificato rende indispensabile “importare” lavoratori stranieri. E che, in buona sostanza, i talenti stranieri sono essenziali per l’economia britannica.

    Un cittadino britannico, Josh Harbord, ha lanciato una petizione per abbattere la soglia delle 35 mila sterline, raccogliendo oltre 100 mila firme e il sostegno di alcune personalità politiche appartenenti al partito Laburista, ai Verdi e al Partito Nazionale Scozzese (Snp).

    Il sito della campagna Stop35k raccoglie le storie di molti immigrati che dovranno lasciare il paese dopo l’entrata in vigore delle nuove regole, tra di loro diversi cittadini americani, una donna australiana la cui famiglia risiede interamente nel Regno Unito (i suoi due fratelli hanno ottenuto la cittadinanza britannica), e due nigeriani, uno scienziato biomedico e uno sviluppatore informatico.

    Il sito sottolinea anche un dato economico: l’ufficio degli Affari Interni britannico stima che le nuove regole, e la perdita di personale qualificato, costeranno ai contribuenti tra i 230 e i 730 milioni di euro.

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