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    La rivoluzione sessuale

    I costumi sessuali degli iraniani sono sempre più occidentali, nonostante le pressioni del regime degli Ayatollah

    Di Afshin Shahi
    Pubblicato il 6 Giu. 2013 alle 07:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:10

    Quali sono le immagini che scorrono nella vostra mente quando pensate all’Iran? Ayatollah, fanatismo religioso, donne con il velo? E se dicessi rivoluzione sessuale? Negli ultimi 30 anni, mentre i media occidentali si occupavano della politica radicale condotta dalla Repubblica Islamica, il Paese ha subito un processo di cambiamento importante, sia dal punto di vista sociale che culturale.

    Senza volerle necessariamente attribuire un connotato positivo o negativo, la rivoluzione sessuale che si sta svolgendo in Iran è sicuramente senza precedenti. I rapporti sociali si sono evoluti negli ultimi decenni, al punto che molti membri della diaspora iraniana sono scioccati quando tornano in visita: “Al giorno d’oggi Teheran fa sembrare Londra una città conservatrice”, mi ha detto un conoscente metà inglese e metà iraniano di ritorno da un viaggio nella capitale. In particolare per quello che riguarda le usanze sessuali, l’Iran si sta muovendo rapidamente nella direzione di Gran Bretagna e Stati Uniti.

    Dati attendibili sulle abitudini sessuali degli iraniani sono difficili da trovare, ma qualcosa emerge dalle statistiche ufficiali stilate dalla Repubblica Islamica. La decrescita delle nascite, ad esempio, segna una certa apertura verso i metodi contraccettivi, così come il deterioramento del ruolo tradizionale della famiglia. Negli ultimi 20 anni il Paese ha vissuto il più veloce calo di fertilità della storia umana. Nel 2012 la crescita annuale della popolazione iraniana è stata solo dell’1,2 percento, rispetto al 3,9 del 1986 -questo nonostante il fatto che più di metà degli iraniani sono sotto 35 anni.

    Allo stesso tempo negli ultimi tre decenni l’età media del matrimonio si è alzata dai 20 ai 28 anni per gli uomini, mentre le donne iraniane si sposano ora tra i 24 e i 30, cinque anni più tardi rispetto ad una decina di anni fa.

    Inoltre, secondo le statistiche ufficiali, il 40 per cento degli adulti “in età da matrimonio” è al momento single. Il tasso di divorzi è salito alle stelle: nel 2000 si sono registrate circa 50 mila divisioni, nel 2010 sono salite a 150 mila. Praticamente un divorzio ogni sette matrimoni, e nelle città più grandi il numero è ancora più alto.

    A Teheran, per esempio, la percentuale è di un divorzio ogni 3,76 matrimoni – più o meno comparabile a quella della Gran Bretagna, dove un matrimonio su quattro finisce in separazione. E non ci sono segni che questi numeri siano destinati a fermarsi. Negli ultimi sei mesi il numero di divorzi è aumentato ancora, contrariamente a quello dei matrimoni che è in costante diminuzione.

    Il cambiamento di prospettiva verso i matrimoni e i divorzi è coinciso con un netto cambiamento del modo in cui gli iraniani si approcciano verso le relazioni e il sesso. Secondo uno studio citato da un alto funzionario del Ministero della Gioventù nel dicembre 2008, la maggioranza dei maschi intervistati ha ammesso di aver avuto almeno una relazione sessuale con una donna prima del matrimonio. Circa il 13 per cento di queste relazioni “illecite” sono finite con una gravidanza indesiderata e un aborto – numeri impensabili per la scorsa generazione. Non c’è da meravigliarsi del monito del centro di ricerca del Ministro della Gioventù: “Le relazioni poco salutari e la degenerazione morale sono le cause principali di divorzio tra le coppie iraniane”.

    Nel frattempo l’industria del sesso è decollata. Nei primi anni Novanta la prostituzione esisteva nella maggior parte delle città, soprattutto a Teheran, ma le prostitute erano praticamente invisibili, costrette a lavorare nell’oscurità. Ora invece la prostituzione è più diretta: basta una strizzatina d’occhio, un cenno e via. Spesso le prostitute ciondolano per le strade principali, aspettando di essere caricate. Dieci anni fa, il giornale Entekhab, aveva contato circa 85 mila prostitute nella sola Teheran.

    Come prima non ci sono statistiche nazionali precise sul numero di prostitute, ma il responsabile del Welfare iraniano ha detto alla Bbc: “Alcune statistiche hanno funzioni positive nella società, altre, (quelle della prostituzione) al contrario, hanno un impatto psicologico negativo. É meglio non parlarne”. Ma i dati a disposizione suggeriscono chiaramente che un numero che oscilla tra il 10 e il 12 per cento delle prostitute iraniane sono sposate. Questo è sorprendente visto le severe leggi islamiche che puniscono severamente i rapporti sessuali al di fuori del matrimonio, soprattutto per le donne.

    Sorprende ancor di più che non tutte le prostitute iraniane siano di sesso femminile. Un nuovo studio conferma che le donne di mezza età di bell’aspetto e ben educate in cerca di rapporti sessuali saltuari si rivolgono ad accompagnatori maschili.

    Ovviamente sarebbe un errore pensare che i valori tradizionali siano completamente scomparsi, la cultura patriarcale iraniana è ancora molto forte, e i valori ortodossi sono ancora osservati, soprattutto nelle città di provincia e nei villaggi. Ma allo stesso tempo sarebbe anche un errore pensare che la libertà sessuale abbia raggiunto solamente una determinata classe sociale.

    Quindi, cosa sta guidando la rivoluzione sessuale iraniana? Ci sono molte spiegazioni possibili, l’urbanizzazione, i nuovi mezzi di comunicazione e l’emergere di una fascia di popolazione femminile ben istruita. Vale la pena notare però che molti di questi fattori sono presenti anche in altri Paesi della regione, che non stanno vivendo transizioni analoghe (in particolare, un’ondata di conservatorismo sociale sta investendo il Medio Oriente, mentre l’Iran naviga nella direzione opposta).

    Cosa c’è di diverso in Iran? Paradossalmente è la struttura puritana dello Stato -che combatte i vizi, cercando di promuovere le virtù- che ha dato lo slancio liberale. La rivoluzione islamica del 1979, quella che ha portato Ruhollah Khomeini al potere, ha promosso l’idea di moralità collettiva, imponendo severi codici di condotta e cancellando il confine tra vita pubblica e privata.

    Mantenere le caratteristiche islamiche del Paese è stato è stata una prerogativa del regime per imporre la propria legittimità, in questo modo ogni aspetto della vita privata è regolato dall’interpretazione della legge islamica.

    Ma 34 anni dopo, il successore di Khomeini ha fallito nella creazione della società utopistica sognata, un fatto che mette a nudo il fallimento morale e ideologico di un regime che deve fare i conti anche con la crisi politica ed economica in atto.

    I cambiamenti di abitudine sessuale dei giovani, sono diventati una forma di resistenza passiva. Sfidando le restrizioni dello Stato gli iraniani esprimono la legittimità della propria libertà del sesso. Nel frattempo lo sterile tentativo del regime di contrastare i cambiamenti in corso – come le ripetute allerte sui rischi delle relazioni illecite – non fa che allontanare chi dovrebbe essere controllato.

    Lentamente ma inesorabilmente, la rivoluzione sessuale iraniana sta mettendo a dura prova lo zelo ideologico dello Stato, che prova ancora senza successo a farcire una nazione con concetti utopici e basati su principi fondamentalisti e fragili. A New York, Sex and the City può risultare vuoto e banale, ma in Iran i suoi contenuti politici e sociali sono profondi.

    Articolo di Foreign Policy per The Post Internazionale
    Traduzione di Samuele Maffizzoli

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