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    La lady di ferro nera

    Un profilo di Aminata Touré, il primo ministro del Senegal

    Di Sirio Valent
    Pubblicato il 30 Mar. 2014 alle 01:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 10:59

    “Pronta a dare battaglia al mondo intero, ma senza darne l’impressione”. Così il giornalista senegalese Abou Diako definisce il nuovo primo ministro del suo Paese, Aminata Touré.

    Una donna dotata di “un temperamento deciso, una persona dura che non forza le buone maniere e non si nasconde dietro una falsa aria da tigre”. Soprannominata Mimì BonneGovernance, è considerata la Lady di Ferro dell’Africa occidentale. Preparata, decisa e giovane (ha solo 51 anni), sta guidando una crociata anti-corruzione che fa scalpore.

    Aminata è una sorpresa sotto molti aspetti. Consegue prima dei trent’anni due master in Economia e Business Administration in Francia, per poi ottenere il dottorato in Gestione della Finanza Internazionale. Torna a Dakar, dove è tra i dirigenti della società di trasporto pubblico Sotrac.

    Sul fronte politico, si rivela fin da subito attivista di primo piano. Lavora nelle file dell’opposizione, al fianco di Abdoulaye Wade, di Macky Sall e di Oumar Sarr, che sposa a metà anni Novanta. Quando però Wade diviene presidente, nel 2000, il partito cambia faccia e la corruzione dilaga: Aminata lascia tutto per andare in “esilio” negli Stati Uniti, dopo il divorzio da Oumar. Nel 2010 il ritorno.

    Macky Sall la richiama alla guida della sua campagna elettorale per le presidenziali del 2012. Il Senegal è sconvolto da un terremoto sociale e politico: Wade sta cercando di ricandidarsi a presidente per la terza volta, in violazione della Costituzione. Le manifestazioni sono all’ordine del giorno, con cariche di polizia, feriti e diversi morti per le strade di Dakar. Il ballottaggio porta infine alla vittoria di Macky Sall, ex primo ministro sotto Wade, che lancia una vera campagna anti-corruzione. Ed è proprio Aminata Touré il suo braccio destro in questa lotta.

    Il Senegal dove Mimì la guerriera si trova a combattere è un Paese difficile: la corruzione sembra endemica. Nella classifica di Trasparency International del 2012, Dakar si trova al 94esimo posto su 176 Paesi per il grado di trasparenza della pubblica amministrazione.

    La bomba è passata nelle mani di Aminata, prima come ministro della Giustizia, e ora (dal 1 settembre 2013) come Primo Ministro. Ha iniziato con una maxi-inchiesta sui ministri e faccendieri del passato governo Wade. Prima vittima eccellente è il figlio dell’ex presidente Karim Wade, indagato per aver intascato illegalmente 1,4 miliardi di dollari di tangenti.

    La battaglia della Thatcher tropicale è stata subito bollata come “caccia alle streghe”, volta a colpire gli avversari politici. La strada è tutta in salita. Bisogna però fare presto, e la Touré lo sa: l’economia senegalese ha sofferto molto e non si è ancora ripresa.

    Come spiega il professor Kassé, ex preside della Facoltà di Scienze Economiche di Dakar, “la pianificazione economica non è stata raggiunta per la cecità e l’ostinazione del vecchio governo nel voler imporre politiche neoliberiste, con il pretesto di costruire un capitalismo locale. Per ripartire è necessario liquidare tutte le politiche economiche realizzate finora”.

    Per Kassé, “le sfide maggiori sono la crescita, la creazione di posti di lavoro, la riduzione della povertà e la trasformazione del Senegal in un Paese emergente”.

    Nell’immediato, c’è Aminata Touré, con la sua crociata anticorruzione. E ci sono le manette per Karim Wade, considerato “intoccabile”, eppure finito agli arresti domiciliari già ad aprile. Forse qualcosa sta cambiando per il Senegal.

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