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    La guerra siriana elude i confini

    Da cinque giorni a Tripoli, in Libano, si susseguono combattimenti tra sostenitori e oppositori locali del presidente Assad

    Di Gualtiero Sanfilippo
    Pubblicato il 24 Mag. 2013 alle 11:45 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 18:47

    La guerra siriana si sposta e colpisce anche Tripoli, la seconda città del Libano per importanza, a soli 35 chilometri dal confine con la Siria. Da domenica 19 maggio, si susseguono notti di intensi combattimenti nei quartieri della città portuale tra milizie sunnite, in favore dei ribelli siriani, e milizie alawite, che sostengono il presidente Assad.

    Nei cinque giorni di battaglia ci sono stati almeno 16 morti e centinaia di feriti. Gli altoparlanti della moschea hanno esortato la gente a rifugiarsi all’interno delle abitazioni, al sicuro dai colpi di mortaio e dai razzi che hanno illuminato il cielo notturno libanese.

    Secondo Faisal Karami, ministro libanese dello Sport e della Gioventù, “Per noi è stata la peggior notte a Tripoli dopo la guerra civile libanese”. “Il governo deve stabilire un cessate il fuoco e lasciare che l’esercito faccia il suo lavoro”, ha detto Marwan Charbel, ministro dell’Interno libanese.

    Il 21 maggio sono morte 40 persone in una serie di attentati in Iraq, vittime che si vanno ad aggiungere alle altre 70 del giorno prima. In totale, si calcola che nelle ultime due settimane sono morte almeno trecento persone in tutto il Paese. Mentre ad aprile il totale dei morti era di circa settecento persone, secondo le Nazioni Unite. La crisi siriana ha acceso le rivalità settarie e religiose in molti dei Paesi limitrofi. I ministri degli Esteri della Lega araba terranno una riunione straordinaria per parlare della situazione il prossimo 5 giugno.

    Nel frattempo, prima che abbia luogo la riunione straordinaria a Ginevra dove verranno coinvolti tutti i protagonisti diretti e indiretti del conflitto, gli Stati Uniti chiedono, attraverso il segretario di Stato John Kerry, che l’Unione Europea elimini l’embargo sulle armi nei confronti dei ribelli siriani, in modo da fare pressione al presidente Bashar al-Assad.

    John Kerry ha affermato inoltre che se Assad non si impegnerà nelle trattative con i ribelli gli Stati Uniti e i loro alleati europei intensificheranno il sostegno alle forze di opposizione, per aiutarle a “combattere per la libertà del loro Paese”.

    L’ex capo dell’opposizione siriana Moaz al-Khatib ha offerto un’alternativa pacifica al presidente siriano: un piano di transizione per il Paese devastato dalla guerra che prevede l’abbandono di Assad dalla presidenza, affidata al suo vice Faruq al-Shara o al primo ministro Wael al-Halqi. Il presidente ha venti giorni per accettare o declinare l’offerta e in caso di buona riuscita delle trattative, lo stesso potrà andare via dal Paese insieme a cinquecento dei suoi fedeli, mentre Faruq al-Shara o il primo ministro avranno cento giorni di tempo per condurre il governo della Siria a una nuova ristrutturazione che avverrà secondo delle garanzie internazionali. La proposta prevede inoltre il rilascio di tutti i prigionieri politici.

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