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    Vi mostro la sofferenza di mia figlia Jessica morta a 4 anni per un tumore

    La decisione del padre di fotografare l'agonia della bambina e diffonderla sui social ha generato pareri discordanti. La sua replica: "Documento solo la triste verità"

    Di TPI
    Pubblicato il 22 Nov. 2016 alle 15:35 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:50

    Il volto sofferente di Jessica Whelan è stato catturato per l’ultima volta dall’obiettivo di suo padre, Andrew Whelan, prima che la bambina morisse all’età di quattro anni a causa di un neuroblastoma, ossia un tumore che ha origine dalle cellule del sistema nervoso e si riscontra in prevalenza su neonati e bambini al di sotto dei dieci anni di età.

    La foto del corpicino di Jessica che si contorce per il dolore è stata pubblicata sulla pagina Facebook e ha scatenato reazioni contrastanti, tra cui numerose critiche nei confronti di un’immagine giudicata troppo forte e troppo privata per poter essere condivisa in quel modo. Ma il padre della bambina ha risposto dicendo di aver documentato la realtà e la triste lotta di sua figlia contro la malattia letale, che l’ha strappata alla vita a soli quattro anni. 

    Catturare la sofferenza umana e renderla pubblica ha rappresentato per la famiglia Whelan un gesto di consapevolezza, una presa di coscienza degli effetti devastanti che il cancro infantile provoca. Jessica è morta dopo una battaglia contro questa malattia durata un anno. 

    Il neuroblastoma è un tumore che ha origine dalle cellule del sistema nervoso autonomo, cioè quell’insieme di strutture (fibre nervose, cellule nervose raggruppate che formano i cosiddetti gangli e cellule simili a quelle nervose che si trovano all’interno della ghiandola surrenale) che controlla alcune funzioni involontarie come il battito cardiaco, la respirazione o la digestione.

    L’espressione neuroblastoma si compone di due parti: la parola “neuro” indica che il tumore si sviluppa nei nervi, mentre “blastoma” indica il coinvolgimento di cellule immature o in via di sviluppo. Esso colpisce in prevalenza neonati e bambini di età inferiore a un anno.

    In alcuni casi è possibile arrivare alla diagnosi prima ancora della nascita attraverso un’ecografia, ma la quasi totalità dei tumori (circa il 95 per cento) viene scoperto entro i 5 anni di età.

    Jessica si è spenta domenica 20 novembre, ma la sua lunga battaglia contro il cancro era stata documentata dai familiari ancor prima di scattare quell’ultima foto, poi condivisa migliaia di volte sui social media.

    Già dal mese di ottobre, il padre aveva deciso di condividere quotidianamente le sofferenze di Jessica provocate dal tumore, lanciando anche una raccolta fondi al fine di raccogliere del denaro sufficiente per contribuire a donare alla loro figlia “tanta felicità e tutto il divertimento possibile”, nel breve tempo che ancora le rimaneva da vivere. 

    Attraverso il passaparola e grazie al supporto degli utenti, la famiglia Whelan è riuscita a raccogliere 75mila sterline (circa 90mila euro). Questi soldi sono destinati alla ricerca scientifica sul cancro infantile nel Regno Unito. 

    All’inizio di novembre la raccolta è stata temporaneamente sospesa per l’aggravarsi delle condizioni di salute di Jessica. Dopo venti giorni circa di sofferenze e agonia, la bambina non è riuscita a vincere la sua lotta. “Sento addosso la tristezza, ma anche il sollievo nell’informare tutti voi che Jessica ha trovato finalmente la pace questa mattina alle sette”, ha scritto domenica Andrew Whelan, sulla pagina Facebook. 

    Il padre ha affrontato nuovamente le critiche sopraggiunte dopo la decisione di rendere pubblica la foto degli ultimi istanti di sua figlia, spiegando di aver ritenuto essenziale e importante catturare “la cruda realtà della situazione” dando un volto al cancro. 

    L’uomo ha poi aggiunto di non averlo fatto per offendere o turbare qualcuno. “Spero solo che molti vedano nella foto la sofferenza che tutti noi abbiamo dovuto affrontare. Forse guardando questa immagine, molte persone sono poi in grado di impegnarsi nel futuro, facendo si che nessun bambino sia più costretto ad affrontare questo dolore e nessun genitore debba vivere e testimoniare il deterioramento fisico quotidiano del proprio figlio”. 

    La famiglia Whelan ha lanciato anche una petizione online chiedendo al sistema nazionale britannico di attivarsi in prima linea nella ricerca sul cancro infantile e ha fatto appello al governo affinché finanzi la ricerca scientifica in maniera adeguata. Al momento, la petizione ha raccolto 115mila firme, oltrepassando così la soglia dei 100mila e diventando oggetto di discussione in Parlamento. Il dibattito è stato fissato per il prossimo 28 novembre. 

    Nel Regno Unito, ogni anno si diagnosticano all’incirca 100 casi di bambini affetti da neuroblastoma. Questo tipo di cancro fa registrare tassi di sopravvivenza più bassi rispetto ad altre forme di tumore infantile (ad esempio le leucemie). Inoltre, il neuroblastoma è uno dei pochi tipi di tumore per cui la sopravvivenza differisce in maniera significativa a seconda dei sessi: i maschi hanno una probabilità più bassa di riuscire a sopravvivere rispetto alle femmine.

    Non solo il genere, ma anche l’età influisce notevolmente. I neonati hanno una probabilità più alta di farcela rispetto ai bambini più grandi: nei pazienti in cui il tumore viene diagnosticato entro il primo anno di età hanno una percentuale di sopravvivenza dell’83 per cento, mentre nei casi in cui il carcinoma viene diagnosticato nella fascia d’età che va dal primo anno di vita al quarto anno d’età hanno una percentuale di sopravvivenza pari al 43 per cento. 

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