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    L’Italia è la peggiore d’Europa per occupazione giovanile: alcuni dati

    Secondo la ricerca presentata dalla società PwC, se l'Italia riducesse il suo livello di disoccupazione giovanile ai livelli della Germania guadagnerebbe 143 miliardi

    Di TPI
    Pubblicato il 27 Ott. 2016 alle 19:59 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:12

    La popolarità della Germania e dei tedeschi, soprattutto in
    Italia, non è esattamente altissima, e sono molti quelli che, soprattutto dopo
    la crisi economica che ha colpito l’Europa negli ultimi anni, hanno visto nel
    paese guidato da Angela Merkel un “primo della classe” intento a rendere la
    vita difficile a tutti gli altri stati membri dell’Unione.

    In particolare per quanto riguarda l’ambito del lavoro, oggi
    la Germania vanta livelli occupazionali altissimi, specialmente tra le fasce
    più giovani, avendo una percentuale di disoccupati non impiegati in attività
    scolastiche (NEET) tra i 20 e i 24 anni che non supera il 10 per cento, battendo di
    gran lunga non solo l’Italia ma molti altri paesi.

    Secondo una ricerca recentemente presentata dalla società di
    consulenze PwC e riportata dalla testata online Quartz, sarebbe quindi il caso di guardare alla Germania con un po’
    più di ammirazione, perché se tutti i 35 paesi dell’OCSE
    (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) riducessero la
    loro disoccupazione giovanile ai livelli tedeschi, il vantaggio economico complessivo
    sarebbe di circa 1 bilione di euro, ovvero mille miliardi.

    (Una mappa che riepiloga alcune posizioni della classifica realizzata da PwC. L’articolo prosegue in basso)

    Secondo lo studio di PwC, la Germania si classifica al secondo
    posto dopo la Svizzera nella loro classifica, che prende in esame diversi fattori per valutare le condizioni occupazionali ed
    educative dei giovani, con gli Stati Uniti decimi nella lista, il Regno Unito al
    21esimo posto e a fare da maglia nera i paesi del sud Europa, tra cui per
    ultima proprio l’Italia.

    Nel nostro paese, infatti, il 35 per cento dei giovani non
    hanno lavoro né sono impegnati in attività educative o formative: se l’Italia raggiungesse
    invece il livello della Germania, il suo PIL potrebbe aumentare di circa 143
    miliardi di euro.

    (Una tabella che mette a confronto Turchia, Portogallo, Spagna, Grecia e Italia rispetto alla posizione nella classifica di PwC, alla percentuale di NEET e al potenziale aumento del PIL in dollari nel caso i numeri corrispondessero a quelli della Germania. Credit: Quartz)

    Quali dovrebbero essere, quindi, le strategie di paesi come
    Germania e Svizzera che andrebbero imitate anche nel nostro paese? Per esempio
    il cosiddetto “sistema educativo duale”, che incorpora la formazione
    professionale nel sistema educativo classico, al fine di preparare i giovani al
    lavoro, e nel frattempo invita le imprese a offrire questo genere di servizi
    così da avere a disposizione forza-lavoro giovane.

    In alcuni paesi, come il Regno Unito, questo genere di
    approccio finora non ha funzionato per un pregiudizio negativo legato alla
    formazione professionale, visto che i contratti di apprendistato non sono
    considerati validi percorsi di carriera, nonostante sarebbero quelli più
    necessari alla domanda delle imprese. Questo ha fatto sì che, come d’altronde
    in Italia, tra il 2005 e il 2010 il 59 per cento dei laureati britannici siano
    stati impiegati in posti di lavoro che non richiedevano una laurea.

    Nelle immagini di seguito, un quadro complessivo dei dati
    raccolti da PwC su istruzione e occupazione a confronto in Germania e Italia:

    Germania (Credit: PwC Young Workers Index)

    Italia (Credit: PwC Young Workers Index)

    — LEGGI ANCHE: COME SONO MESSI I MILLENNIALS ITALIANI RISPETTO AI LORO COETANEI EUROPEI. Una serie di grafici mette in luce situazioni lavorative, stili di vita e abitudini dei millennials europei

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