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    Israele ha riportato a casa gli ultimi ebrei dello Yemen

    Le crescenti ostilità perpetrate ai danni di una delle comunità ebraiche più antiche del mondo hanno spinto al ripristino di operazioni segrete

    Di TPI
    Pubblicato il 24 Mar. 2016 alle 16:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:23

    Sono 19 gli ebrei yemeniti giunti in Israele nella notte fra domenica 20 e lunedì 21 marzo 2016. Di questi, 14 provengono dalla città di Rayda, nel nordovest dello Yemen, e cinque membri della stessa famiglia arrivano da Sanaa. Lo ha reso noto in un comunicato la Jewish Agency, responsabile per l’immigrazione in Israele. 

    L’organizzazione no-profit ha precisato che il gruppo di persone è atterrato all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv a seguito di una “complessa operazione segreta”. Tra loro c’è anche un rabbino della comunità di Rayda, che ha portato con sé un rotolo della Torah risalente a circa 500 anni fa. 

    Secondo la Jewish Agency, almeno 50 ebrei hanno scelto invece di rimanere in Yemen. Fra questi, circa 40 vivono nella capitale yemenita, in un complesso adiacente l’ex ambasciata americana e godono della protezione delle autorità locali. 

    Negli anni della fondazione dello stato di Israele, subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale, almeno 51mila ebrei sono emigrati dallo Yemen, che conta una delle più antiche comunità ebraiche di tutto il mondo, fondata circa duemila anni fa.

    Nel corso dei decenni, quasi tutti gli ebrei yemeniti sono stati trasferiti in Israele, la maggior parte duranteì l’operazione Magic Carpet, condotta fra il 1949 e il 1950. 

    Il presidente della Jewish Agency, Natan Sharansky, ha dichiarato che l’arrivo del gruppo di immigrati ebrei dallo Yemen è stato “un momento altamente significativo nella storia di Israele. Dall’operazione Magic Carpet nel 1949 fino a oggi, la Jewish Agency ha contribuito a portare in Israele gli ebrei yemeniti. Oggi portiamo a compimento la storica missione”. 

    Negli ultimi anni, circa duecento ebrei residenti in Yemen hanno lasciato il paese in seguito ai crescenti attacchi contro la comunità ebraica e all’intensificarsi delle ostilità. Secondo l’organizzazione ebraica, dal 2008 a oggi sono aumentati notevolmente gli attacchi contro gli ebrei in Yemen. 

    Il 12 dicembre del 2008, Moshe Yaish Nahari, fratello di un noto rabbino yemenita, venne ucciso a Rayda. Nel 2012, Aharon Zindani fu ucciso nella capitale yemenita e sempre nello stesso periodo una giovane donna ebrea venne rapita e costretta a convertirsi all’Islam. 

    Questi sono solo alcuni degli episodi di aggressione compiuto ai danni della comunità ebraica in Yemen, ha ricordato Sharansky. 

    Con le rivolte della primavera araba, nel 2011, e con l’inizio della guerra civile nel 2015, la sicurezza degli ebrei yemeniti è stata ulteriormente messa a repentaglio. L’acuirsi delle ostilità fra il governo yemenita e il movimento dei ribelli sciiti houthi ha spinto la Jewish Agency a ripristinare le operazioni segrete, per portare in salvo gli ebrei ancora residenti nel paese. 

    Sia la capitale yemenita Sanaa e Rayda sono controllate dal movimento sciita zaida houthi, il cui slogan è “Dio è grande, morte all’America, morte a Israele. Maledizione sugli ebrei e vittoria dell’Islam”. 

    I militanti jihadisti sunniti di al-Qaeda e i miliziani del sedicente Stato islamico, nel frattempo, hanno guadagnato terreno approfittando dei disordini. 

    (Qui sotto, ribelli sciiti houthi scandiscono slogan antisemiti: “Morte all’America, morte a Israele, maledire gli ebrei, vittoria dell’Islam“)

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