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    Iran, rivolta nel carcere dei dissidenti: 4 morti e 61 feriti. La Farnesina: “Alessia Piperno sta bene”

    Di Anton Filippo Ferrari
    Pubblicato il 16 Ott. 2022 alle 09:06 Aggiornato il 16 Ott. 2022 alle 13:45

    Ieri sera intorno alle ore 21 una colonna di fumo si è alzata dal carcere di Evin, a nord di Teheran. Si tratta della struttura in cui l’ayatollah Ali Khamenei ha rinchiuso il dissenso e ogni forma di critica al sistema: prigionieri politici, attivisti, intellettuali, avvocati, studenti, anche tanti di quelli che sono stati arrestati nelle ultime settimane. Lì è detenuta anche Alessia Piperno, la ragazza italiana arrestata mentre era in viaggio a Teheran agli inizi di ottobre. Secondo quanto fa sapere la Farnesina, la ragazza sta bene. Il bilancio degli scontri è al momento di 4 morti e 61 feriti.

    Nel corso della notte si sono sentiti spari e almeno due esplosioni. Video verificati da giornalisti indipendenti hanno mostrato le colonne di agenti delle unità speciali dirigersi verso il reparto sette, dove ci sono i detenuti accusati di reati finanziari, quelli in attesa di processo ma anche prigionieri politici.

    La telecamera di un cittadino ha filmato tutto dalla torre Atisaz, poco distante da Evin. In particolare ha inquadrato un gruppo di prigionieri sul tetto. Poi le urla: “Morte al dittatore”, “Azadi”, (“Libertà”). Alcuni parenti delle vittime si sono precipitati davanti alla prigione ma sono stati respinti dalle forze di sicurezza che poi hanno chiuso tutte le strade che portano a Evin.

    Non è chiaro cosa sia successo all’interno. Fonti iraniane parlano di una rivolta di un gruppo di prigionieri. Intorno alle 22.30 i media di Stato hanno provato a rassicurare: “La situazione è sotto controllo. I teppisti hanno dato fuoco a un magazzino di vestiti all’interno della prigione di Evin, provocando un incendio”, ci sono stati scontri tra “rivoltosi” e guardie carcerarie. Almeno otto persone sarebbero rimaste ferite.

    L’incendio è avvenuto dopo una giornata in cui migliaia di persone sono tornate in piazza, come ormai accade da un mese. All’università di Teheran gli studenti hanno cantato uno degli slogan principali del movimento nato in reazione alla morte di Mahsa Amini nelle mani della polizia morale: “Teheran è una prigione, Evin è una università”, riferendosi proprio ai tantissimi intellettuali e attivisti rinchiusi nel carcere, come l’avvocatessa premio Shakarov Nasrin Sotoudeh, o il politico riformista Mostafa Tajzadeh.

    Almeno 233 manifestanti sono stati uccisi dall’inizio delle manifestazioni, secondo la ong Hrana, 32 avevano meno di 18 anni. Il governo sostiene che le proteste siano frutto di forze esterne, un complotto occidentale ordito per indebolire la Repubblica Islamica. Ma la rabbia popolare arde e dai tetti di Teheran, Rasht, Sanandaj si alza il grido, “Donna, Vita, Libertà”.

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