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    Iran, accuse ad Alessia Piperno e agli altri stranieri arrestati: “Rispettate le nostre regole”

    Di Massimiliano Cassano
    Pubblicato il 11 Ott. 2022 alle 12:49

    Non ci sono aggiornamenti, per adesso, sulla detenzione in Iran di Alessia Piperno, la travel blogger italiana di 30 anni arrestata lo scorso 28 settembre a Teheran. Dal portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Nasser Kassani, arriva però un monito che sembra rivolto a lei e quanti si trovano nella sua stessa situazione: “L’Iran è un Paese sicuro per tutti i viaggiatori stranieri, nessuno verrà disturbato. Però, tutti devono rispettare le nostre regole”. Un avviso a tutti i non iraniani che hanno partecipato alle proteste antigovernative scoppiate dopo la morte di Mahsa Amini, arrestata per non aver indossato correttamente il velo.

    Il padre di Alessia Piperno, Alberto, ha però escluso che sua figlia possa essere scesa in strada per manifestare. “Non mi risulta che Alessia stesse partecipando alle manifestazioni”, ha detto all’Ansa. “Sulla situazione di Alessia – ha aggiunto – purtroppo non ci sono novità. In questo momento ovviamente preferiamo il silenzio”. Kassani ha spiegato che “le indagini continuano” e “i cittadini stranieri (arrestati, ndr) e le rispettive ambasciate vengono informati degli ultimi sviluppi”. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano si è poi scagliato contro i Paesi occidentali, accusati di avere “doppi standard sui diritti umani” sulla loro presa di posizione verso la dura repressione messa in atto dal governo contro le proteste iniziate dopo la morte di Amini.

    I Paesi occidentali, ha detto Kassani, “vogliono darci lezioni di democrazia, ma permettono di attaccare le ambasciate iraniane nei loro paesi a coloro che hanno un passato terroristico e ricercano violenza”. Secondo l’ong Iran Human Rights (IHR) con sede a Oslo sono morte almeno 95 persone, tra cui 19 bambini. Anche i familiari di Mahsa sono stati intimiditi a non prendere parte alle proteste, e per questo motivo – ha detto alla Bbc il cugino della vittima, Erfan Mortezai – non parlano con organizzazioni per i diritti umani.

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