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    Come l’Islanda sta aiutando a creare un nuovo indice della felicità

    Un economista di Harvard sta collaborando con la città di Reykjavik, nota per la soddisfazione dei cittadini, al fine di migliorare il calcolo della felicità nel mondo

    Di TPI
    Pubblicato il 11 Mag. 2016 alle 16:36 Aggiornato il 9 Set. 2019 alle 19:38

    Michael Porter è un economista di Harvard che negli ultimi
    tempi si è dedicato a studiare il progresso sociale di varie nazioni, cercando
    però di non limitare il proprio sguardo soltanto ai fattori economici.

    Quello
    che spesso viene trascurato nella misurazione del benessere di un paese, e che
    non riguarda soltanto la sua ricchezza o povertà, è infatti l’insieme delle
    opportunità che quello stato offre ai propri cittadini di cambiare in meglio le
    proprie vite.

    Si tratta per Porter di un ingrediente fondamentale per il buon
    funzionamento di un paese e, a livello individuale, è qualcosa che contribuisce
    molto al concetto seppur vago di felicità.

    A questo riguardo, l’economista ha realizzato un “Indice del progresso sociale”, che utilizza tre aree principali per i propri risultati: le
    necessità primarie dell’uomo, le “basi del benessere” (assistenza
    sanitaria, cibo, educazione…) e, appunto, la possibilità di migliorare se
    stessi o la propria vita, che sarebbe una buona maniera per definire la felicità.
    L’indice sul progresso sociale è uno strumento flessibile, che utilizza decine
    di indicatori specifici per misurare aspetti come la casa, la salute, la durata
    della vita, l’istruzione. L’indice è già stato usato per mappare le prestazioni
    sociali di moltissimi paesi del mondo.

    I fattori su cui si basano i dati dell’indice del progresso. (Credit: Social Progress Index)

    Secondo Porter, “l’idea fino a oggi è stata che il
    progresso sociale compare se riusciamo a migliorare il progresso economico. Se
    aumentiamo il PIL pro capite, la vita diventa migliore. Questo è vero, ma non è
    sufficiente”.

    Porter fa l’esempio della primavera araba: “Si trattava
    di paesi che stavano andando bene a livello di progresso economico, con cifre
    positive di crescita, ma nonostante questo le persone sono scese in strada,
    infelici per la loro situazione”. Già nel 1990, per trovare un’alternativa
    al Pil (Prodotto interno lordo), gli economisti Mahbub ul Haq e Amartya Sen avevano
    ideato l’Indice di Sviluppo Umano, ma secondo Porter l’attenzione all’aspetto
    economico era ancora troppa, e ha dunque separato completamente gli aspetti per
    concentrarsi sugli altri fattori.

    Questo un grafico che mostra la non identità tra Pil e grado di progresso sociale:

    Per le sue ricerche sul tema, l’economista ha chiesto quindi
    aiuto alla città di Rejkyavik, capitale islandese. La città è stata infatti
    la prima in Europa ad impegnarsi a fornire dati ai ricercatori per aiutarli a
    perfezionare il loro lavoro.

    Dagur Eggertsson, sindaco di Reykjavik, non è
    spaventato dai recenti scandali riguardanti la presenza del capo del governo del suo paese – per questa ragione dimessosi – nei Panama Papers: “La rabbia della gente è una cosa molto sana, poiché dimostra
    che la democrazia è viva e vegeta”.

    “L’Islanda è già un paese leader nel mondo per quanto
    riguarda il progresso sociale, e siamo abituati a pensare che la vita sia
    abbastanza buona a Reykjavik. Questo nuovo sforzo per mappare cos’è che non
    funziona ci permetterà di fare in modo che ci sia la possibilità per tutti i
    residenti di godere del progresso sociale. Questa iniziativa dovrebbe anche
    dare rinnovata fiducia rispetto al fatto che i governi esistano per migliorare
    la vita dei cittadini”.

    Una mappa delle nazioni con più alto grado di “progresso sociale” a seconda del colore (sul sito del progetto maggiori dettagli):

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