Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
  • Esteri
  • Home » Esteri

    “Giovani calciatori costretti a prostituirsi da arbitri e vip”: lo scandalo sessuale che ha scioccato l’Argentina

    TPI ha raccolto in esclusiva le dichiarazioni di alcuni protagonisti dello scandalo sessuale che ha travolto la squadra di calcio dell'Independiente. Ragazzi delle giovanili venivano indotti a prostituirsi, in un intreccio che ha coinvolto anche i servizi segreti e una showgirl tra le più famose d'Argentina

    Di Fabio Simonelli
    Pubblicato il 21 Nov. 2018 alle 07:28 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:10

    A vederlo da fuori, il predio di Villa Domínico riflette tante delle contraddizioni di questa storia. Il centro tecnico dell’Independiente, una delle squadre di calcio più importanti d’Argentina, è situato tra una baraccopoli e uno stupendo tratto di mare.

    Un angolo di verde tra le case basse e le insegne rovinate dell’Avellaneda. Nove campi di allenamento, spogliatoi, lavanderia, uffici, palestre e una pensione per migliaia di ragazzi delle giovanili, provenienti da tutta la nazione.

    È qui che è scoppiato il più grande scandalo giudiziario legato al calcio che l’Argentina abbia mai conosciuto. Il 21 marzo 2018 alcuni ragazzi della sexta (gli allevi) avvisano il responsabile del predio, Fernando Langenauer, di alcune uscite sospette di un paio di loro compagni.

    Langenauer chiama uno dei tre psicologi che lavorano nella struttura, Ariel Ruíz. I due ragazzi parlano con Ruíz e confessano di aver ricevuto degli abusi sessuali da parte di alcuni uomini che gravitano intorno al club.

    “Erano visibilmente impauriti, temevano delle ripercussioni. Li ho tranquillizzati e ho detto loro che erano al sicuro” dichiara in esclusiva a TPI Langenauer.

    Ruíz si reca subito qualche ufficio più in là, da un altro Fernando, Berón, il coordinatore delle giovanili, e insieme decidono di non condurre un’indagine interna al club, ma di portare tutto alla luce del sole, depositando la denuncia alla Unidad Fiscal di Avellaneda.

    “Ho voluto riunire tutti i ragazzi nella sala comune. Ho spiegato loro cosa stava succedendo e insieme abbiamo raccolto tutti i dati e le testimonianze da portare ai magistrati” spiega ancora Langenauer al nostro giornale.

    Gli appuntamenti

    Nei giorni seguenti emergono le prime indiscrezioni sulle denunce presentate in procura. Agli incontri i ragazzi erano sempre in due. Chi si prostituiva riceveva del denaro. La cifra era piuttosto bassa, dagli 800 ai 1000 pesos, al cambio attuale circa 20 euro.

    L’accompagnatore veniva ripagato con una ricarica della Sube (la carta dei mezzi pubblici), vestiti, scarpe e passaggi per andare a trovare i parenti in tutto il Paese.

    “Il centro tecnico non può essere una campana di vetro” racconta a TPI Gonzalo Sánchez, giornalista del Clarín che segue l’inchiesta.

    “Questi giovani arrivano da realtà molto complicate. I genitori, se ci sono, fanno fatica a mettere insieme il pranzo con la cena per i loro figli, figuriamoci le altre spese. All’interno della pensione non gli manca nulla, ma quando gli venivano offerti i soldi per comprarsi uno smartphone o le scarpe di Cristiano Ronaldo per loro era difficile rifiutare”.

    “Per uscire dalla pensione i nostri atleti devono presentare un permesso firmato dai loro genitori” precisa Langenauer. “Evidentemente i ragazzi o falsificavano la firma o incontravano i clienti prima di andare a casa”.

    L’approccio avveniva sui social network. La richiesta di amicizia, quattro chiacchiere in chat, l’incontro e l’offerta di denaro. A volte c’era bisogno di intermediari, ma a muoversi erano anche i clienti.

    Gli appartamenti scelti per gli incontri erano sia a Buenos Aires, tra calle Charcas e Scalabrini Ortíz, nel ricco quartiere di Palermo, sia a San Isidro, cittadina sul mare a una trentina di chilometri dalla capitale.

    Qui i giovani venivano filmati in atteggiamenti compromettenti, probabilmente per avere degli sconti sulle prestazioni sessuali.

    Gli arresti

    Il 22 marzo il pm Maria Soledad Garibaldi presenta le richieste d’arresto per i primi imputati. Il primo è un nome pesante, quello dell’arbitro Martín Bustos, che viene raggiunto dal mandato quando stava per dirigere la partita San Martín de Tucúman-Instituto de Cordoba, incontro di B Nacional, la Serie B argentina.

    Secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato coinvolto nella scelta dei ragazzi. Le perquisizioni dei suoi tre appartamenti, uno a Buenos Aires in via Trenque Lanquen, quartiere Mataderos, e gli altri a Olivos e Zárate, a nord della capitale, hanno esito negativo.

    Qualche anno prima il padre di Martín, Jorge Horacio, era stato condannato a tre anni sempre per abusi sessuali nei confronti di minori. Una pena mai scontata. I Bustos poi si erano trasferiti a Escobar, dove Jorge faceva l’autista dello scuolabus, facendo la spola tra Buenos Aires e il collegio Rural Colonia El Mate.

    Il legale del figlio però, Julio Chavarría, non ha dubbi quando ci parla del suo cliente. “I ragazzi purtroppo sono corrotti. Martín non c’entra nulla con tutto ciò. Se ha avuto dei rapporti, sono avvenuti con persone consenzienti”.

    Insieme a loro a finire sotto accusa è anche il pr Leonard Cohen Arazi. A dispetto del nome, di artistico c’è proprio poco nel personaggio, se non i vip che assiste.

    Se si dà un’occhiata al profilo Twitter è rispettivamente agente, produttore, proprietario di ristoranti, pr e manager della GH Kuarzo Entertaiment, una società che non si trova neanche su Google.

    Il terzo arrestato è Joaquín V, un 17enne che avrebbe fatto da tramite tra giovani e clienti. A finire in manette è anche Silvio Ernesto Fleyta, uno studente che non ha un contatto diretto con Bustos e Arazi, ma conosce Joaquín e molti ragazzi del centro tecnico.

    Inoltre, il magistrato emette altri due mandati, uno per Juan Manuel Díaz Vallone, un organizzatore di tornei amatoriali e uno per un procuratore sportivo, Alejandro Carlos Dal Cin. Per tutti loro i reati d’accusa sono gravissimi: abusi sessuali nei confronti di minori e sfruttamento della prostituzione.

    Tra gli arrestati c’è anche uno dei legali di Martín Bustos, Tomás Carlos Beldi, indagato per occultamento di prove, in quanto avrebbe distrutto un telefono in cui ci potevano essere degli elementi compromettenti nei confronti dell’arbitro.

    Mercoledì 4 aprile Maria Soledad Garibaldi convoca una conferenza stampa congiunta con il Procuratore Generale Julio Conte Grand. Annunciano di aver raccolto una serie di testimonianze nella provincia di Córdoba e Santa Fe, e che ci sono delle nuove vittime.

    Nove ragazzi testimoniano nei due giorni successivi. I primi sette confermano di aver avuto dei rapporti con gli indagati, ma gli ultimi due non fanno i nomi né di Bustos né di Arazi. Il particolare rafforza la posizione di entrambi.

    Tito, re dei re

    Una settimana più tardi, con l’intervento del dipartimento cyber crime della polizia della capitale e dell’Agencia Federal di Investigaciones (AFI), viene emesso un mandato di perquisizione per un altro appartamento, al numero 3000 di calle Mendoza.

    Gli agenti arrestano anche il proprietario, Alberto Amedeo Ponte, 58 anni, ingegnere agronomo e proprietario di alcune scuole calcio. Ponte, nelle chat con gli altri indagati, era stato salvato come “Tito, Rey de Reyes” (Tito, re dei re) ed è una delle persone segnalate come responsabile di molestie.

    Le accuse della showgirl Natacha Jaitt

    Accanto all’inchiesta portata avanti dalla magistratura, si sviluppa però anche un altro tipo di processo, quello mediatico. Sabato 31 marzo infatti la showgirl, modella e conduttrice radiofonica Natacha Jaitt si presenta nel programma di punta del sabato sera La noche con Mirtha.

    Natacha prende la parola e accusa politici, giornalisti e personaggi famosi di essere coinvolti nella vicenda degli abusi ai ragazzi del Rojo. Dichiara di essere stata contattata dai servizi segreti per investigare sulla rete di pedofilia, e che ad accompagnarla in studio è stata l’ex agente della Secretaria de Intelligencia (i Servizi segreti) Ana María Polero.

    A fine puntata posta su Twitter una foto con la Polero per giustificare le sue affermazioni. Fa nomi e cognomi. Il primo è quello dell’ex legislatore di Buenos Aires Gustavo Vera. Un’accusa singolare, per uno che ha fatto della lotta allo sfruttamento minorile una missione di vita.

    Vera infatti ha fondato la Ong La Alameda, che dal 2003 ogni anno denuncia migliaia di casi di schiavitù infantile nei postriboli creati dai narcotrafficanti in tutto il continente. Qualche anno fa La Alameda aveva anche indagato i legami tra Raúl Martins, ex membro dei servizi segreti accusato di lenocinio, e il finanziamento della campagna elettorale del presidente della Repubblica Mauricio Macri.

    Un’indagine del genere può essere causa di ritorsioni, soprattutto se consideriamo che dietro le dichiarazioni di Natacha Jaitt c’è un’altra ex spia, Ana Polero.

    Natacha dagli inquirenti

    Mercoledì 4 aprile la showgirl viene chiamata a testimoniare. Per la verità quella mattina è convocata anche per un’altra udienza, per l’accusa di violenza domestica contro il suo ex.

    Si presenta alle 8.30 alla Fiscalía Nacional nel Crimanal y Correcional di Avellaneda. Gli inquirenti cominciano a chiederle di C.P, uno dei nomi in codice che aveva fatto in trasmissione: si pensa che le iniziali possano riferirsi a Carlos Pagni, famoso giornalista radiofonico.

    “Con C.P non mi riferivo a Carlos Pagni, ma a Carlos Peréz”, dice la showgirl ai magistrati. Chi sia questo Carlos Peréz però non lo spiega. Le fanno vedere il video della puntata e le chiedono chi l’avesse messa sotto contratto.

    Natacha perde le staffe e si rifiuta di rispondere ad altre domande, si fa accompagnare alla porta e il colloquio viene sospeso. La showgirl viene richiamata venerdì 6 aprile, ma non si presenta e manda il fratello Ulises.

    “Natacha non era nelle condizioni di testimoniare” chiarisce Ulises all’uscita. La conduttrice si reca alla Unidad Fiscal solo quattro giorni dopo. Un colloquio col pm Garibaldi durato quattro ore, in cui conferma alcuni dei nomi degli accusati, ma fornisce anche i dati di altri possibili colpevoli non ancora emersi.

    Il giorno dopo le forze dell’ordine perquisiscono l’appartamento della soubrette e quello di Ana Polero. Natacha è furiosa per questa decisione degli inquirenti e raduna le principali televisioni del paese: Telefé, Canal Cinquo, A24.

    All’uscita ne ha per tutti, chiarendo di voler porre fine alle sue dichiarazioni sul caso. “Non dico più nulla. Ho chiesto protezione, garanzie, e non ne ho avute. È tutto una mafia. Collaborare qui significa passare da delinquente”.

    “È il mondo della notte, con tutte le sue contraddizioni” spiega a TPI Gonzalo Sánchez. “Giornalisticamente quello che dice Natacha è interessante, aggiunge mistero a una vicenda già molto complicata. Va ascoltata perché nei suoi documenti ci sono alcuni degli indagati, ma c’è anche chi non ha nulla a che vedere con l’inchiesta”.

    Tuttavia sembra difficile credere a una soubrette che nel programma di punta del sabato sera dichiara di essere stata scelta dai servizi segreti per condurre un’indagine lunga più di un anno su vip, giornalisti e politici in virtù delle sue conoscenze nell’ambito dello spettacolo, delle discoteche e dei night club.

    La “Balena” dell’Afa

    Il 20 aprile esce un altro nome pesante. È quello di Javier “Pipo” Marín, 39 anni, consigliere del comitato esecutivo dell’AFA, la federazione argentina. È un uomo forte delle leghe minori, da sempre molto vicino al presidente federale Claudio Tapía e anche vicepresidente dell’Acassuso, una società di B Metropolitana, la serie C argentina.

    Indicato come autore o complice del reato di abuso minorile e sfruttamento della prostituzione, il suo numero compariva anche nella rubrica di alcune vittime, sotto il nome di “Ballena” (balena).

    Il pm Garibaldi però non trova elementi utili a chiedere la custodia cautelare, e, in uno dei numerosi paradossi di questa storia, Marín resta libero di svolgere uno dei suoi tanti compiti all’interno della federazione, quello di presidente della Comisión de Deportividad, Responsabilidad Social y Sustenibilidad, l’ente che si occupa delle iniziative per il sociale e lavora principalmente con i bambini.

    Le conferme degli arresti

    Una settimana dopo Luis Carzoglio, giudice di garanzia di Avellaneda, ratifica il provvedimento di custodia cautelare per cinque indagati: l’arbitro Martín Bustos, l’organizzatore di tornei giovanili Alejandro Dal Cin, il procuratore sportivo Juan Manuel Díaz Vallone, il pr Leonard Cohen Arazi e lo studente Silvio Fleyta.

    Il 1 maggio viene archiviata la posizione di Joaquín V, il calciatore di 19 anni che in un primo momento era stato segnalato come l’intermediario che sceglieva i ragazzi. Il pm Garibaldi lo libera da qualsiasi tipo di responsabilità nella causa, anzi, pensa addirittura che possa essere coinvolto come vittima, voce però non confermata ufficialmente.

    Tutti contro Garibaldi

    Lo scontro tra gli avvocati e il pm Maria Soledad Garibaldi, che fino ad ora era rimasto sul piano mediatico, mercoledì 9 maggio diventa anche giudiziario. I legali di Leonard Cohen Arazi infatti presentano un esposto in cui accusano il magistrato di aver agito “con pregiudizio”, impedendo che la difesa partecipasse alle dichiarazioni dei testimoni.

    Nel documento di denuncia, gli avvocati Juan José Ordas e Adrían Cornaglia spiegano inoltre come siano stati informati solo tre giorni prima, e senza specificare il luogo, delle testimonianze raccolte dalla Garibaldi nella provincia di Santa Fe nei giorni precedenti; una vera e propria “mancanza di rispetto”.

    Secondo i legali, poi, i verbali sarebbero stati ritoccati. Un particolare che dimostrerebbe come l’indagine si stia svolgendo in maniera illegale. Gli avvocati contestano inoltre come i fatti in questione siano avvenuti nel quartiere bonaerense di Palermo, quindi fuori dalla competenza territoriale del polo giudiziario di Avellaneda.

    Tre elementi che spingono i legali al ricorso al tribunale del riesame di Lomas de Zamora.

    Gli ultimi sviluppi

    Lo scorso 13 settembre, la Corte d’Appello di Lomas de Zamora ha revocato i provvedimenti di custodia cautelare per il pr Leonard Cohen Arazi, l’arbitro Martín Bustos e il procuratore sportivo Alberto Ponte.

    “Il mio assistito non ha avuto relazioni con minori. Sarà un sollievo portare avanti la difesa con Bustos libero. È un altro scenario” afferma a TPI l’avvocato Julio Chavarría.

    La Corte infatti derubrica le accuse da abusi sessuali con sfruttamento della prostituzione a corruzione di minori. Si aspettavano un esito completamente diverso le autorità giudiziarie che avevano dato il via all’indagine.

    Speravano nella ratifica delle accuse e nel rinvio a giudizio. “È una sentenza insolita” ci spiega il procuratore generale Julio Conte Grand. “Per la Corte d’Appello non c’è stato nessun abuso, e neanche sfruttamento della prostituzione. La prima cosa che faremo sarà ricorrere in Cassazione”.

    Amarezza anche per il pm Maria Soledad Garibaldi. “Le carte dell’inchiesta sono state portate alla Procura Generale di Buenos Aires. La Unidad Fiscal di Avellaneda non si occuperà più della vicenda” dichiara in esclusiva a TPI.

    Fernando Langenauer, il responsabile del complesso di Villa Domínico, è sconcertato. “Questa inchiesta è il riflesso del paese. Guarda caso, gli unici ad essere scarcerati sono i più potenti, quelli che avevano i legami più forti con imprenditoria, potere politico e mondo dello spettacolo. È davvero aberrante, per questi reati gravissimi stanno pagando in pochi”.

    Rimangono tre gli indagati per abuso sessuali e corruzione di minori: l’organizzatore di tornei giovanili Alejandro Dal Cin, il rappresentante di calciatori Juan Manuel Díaz Vallone, e lo studente Silvio Fleyta.

    Inoltre, delle 17 vittime accertate, solo nove hanno deciso di testimoniare in aula per il reato di abuso minorile, mentre le altre solo per molestie sessuali o adescamento di minori.

    Tutti nodi da sciogliere al più presto, per far luce su una delle vicende più intricate che hanno scosso il mondo del calcio e della società argentina. L’unica certezza in questa storia piena di contraddizioni è stato il comportamento del Club Atletico Independiente.

    “Sono stati mesi complicati, ma ne eravamo consapevoli quando abbiamo deciso di denunciare” dice Fernando Langenauer. “Siamo stati gli unici a farlo, di solito i club nascondono queste cose. Abbiamo dovuto seguire i ragazzi in questo lungo processo, soprattutto nei momenti più duri, durante le deposizioni e le visite mediche”.

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
    Mostra tutto
    Exit mobile version