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    Homan Square, la prigione di Chicago dove la polizia tortura i detenuti

    Iacopo Luzi da Chicago ha indagato sul dipartimento di polizia statunitense che nell'ultimo anno è stato denunciato come un luogo di abusi di potere

    Di Iacopo Luzi
    Pubblicato il 10 Mar. 2016 alle 14:53 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:10

    IACOPO LUZI DA CHICAGO 
    Homan Square è un dipartimento della polizia di Chicago situato nel West Side
    della città. Sebbene dall’esterno possa sembrare un semplice ex magazzino della
    Sears, una catena di grande distribuzione, al suo interno si sospetta che siano
    state detenute illegalmente più di 7mila persone negli ultimi undici anni. 

    Secondo
    un’inchiesta del quotidiano britannico The Guardian, che ha portato alla luce la
    notizia nel gennaio 2015, e le numerose testimonianze di persone che hanno
    visitato la prigione, questa struttura di proprietà della polizia di Chicago teoricamente
    adibito a deposito per le prove e i materiali recuperati dagli agenti, sarebbe
    in realtà un centro di detenzione segreto e un posto dove spesso hanno luogo interrogatori
    non autorizzati.

    Una volta al
    suo interno, le persone in arresto non sarebbero autorizzate nemmeno a
    contattare i propri familiari o a chiamare un avvocato. 

    Per chiunque
    arrivi di fronte a Homan Square, lo scenario appare fin da subito inquietante:
    non c’è una vera e propria entrata e l’unico accesso pubblico è una piccola
    porta su un lato dell’edificio.

    Molte pattuglie della polizia vanno e vengono
    durante tutto il giorno e in prossimità dello stabile i cellulari smettono immediatamente
    di avere campo. Secondo i
    dati pubblicati dal Guardian a settembre dell’anno scorso, l’82,2 per cento dei detenuti
    di Homan Square è di origine afroamericana, nonostante la minoranza nera a
    Chicago costituisca solo il 32,9 per cento della popolazione. 

    A Homan
    Square sono stati registrati 7.185 arresti dall’agosto 2004 al giugno 2015, ma
    solo nello 0,94 per cento dei casi la polizia ha concesso a un avvocato di accedere al
    suo interno per assistere un proprio cliente.

    Questa percentuale rivelerebbe una pratica della polizia di Chicago mirata a
    ridurre al minimo l’accesso degli avvocati durante la prima e più fondamentale
    parte dell’interrogatorio, quella in cui i diritti costituzionali dell’arrestato
    sono spesso più vulnerabili e dove è più facile spingerlo all’autoincriminazione.

    Molte
    notizie sono trapelate a riguardo di Homan Square negli ultimi dodici mesi,
    mentre il 19 ottobre 2015 è stata intentata una causa civile contro sei agenti della Chicago Police Department (CPD) per difendere tre persone di colore che, secondo l’accusa, si suppone
    abbiano subito abusi fisici e psicologici all’interno di Homan Square. 

    Questa è
    stata la prima azione legale contro Homan Square in cui si accusa la polizia di
    Chicago di utilizzare “tecniche di tortura coercitive incostituzionali” all’interno
    della struttura e mira a dimostrare come queste pratiche siano parte di una
    tendenza generale a discriminare la gente di colore da parte della polizia.

    Il
    tutto insabbiato e tenuto nascosto da un “codice del silenzio” tra agenti. Stando a
    quanto riportato nella causa, Jessie Patrick, Atheris Mann e Deanda Wilson,
    difesi dal People’s Law Office, sarebbero stati erroneamente arrestati dal
    sergente Frank Ramaglia, uno degli agenti imputati; i tre sarebbero poi stati
    incolpati e imprigionati per circa 15 mesi grazie a prove inesistenti e create
    dagli stessi agenti. Presumibilmente
    dallo stesso sergente Ramaglia, secondo quanto dichiarato nella causa. 

    Ci siamo
    recati a Homan Square per ottenere alcune informazioni. Tuttavia, la polizia
    non ha voluto rilasciare dichiarazioni, come già successo in passato. Anzi, non
    appena abbiamo iniziato a scattare delle foto, subito un agente all’interno di
    una volante si è fermato e ci ha chiesto: “Cosa fate qui? Siete giornalisti?
    Andate via, non c’è niente da vedere”.

    In effetti,
    l’unica dichiarazione ufficiale della polizia per quanto riguarda Homan Square
    è un documento, rilasciato il primo marzo 2015, che attesta: “Le accuse di
    utilizzo di violenza fisica durante gli interrogatori sono inequivocabilmente
    false, sono offensive e non sono supportate da alcuna prova”.

    Secondo lo
    stesso documento, “Homan Square è uno stabile di proprietà del dipartimento di
    polizia di Chicago che ne fa uso dal 1999. Il dipartimento svolge svariate
    funzioni, alcune delle quali sono molto complesse e delicate mentre altre no. A
    ogni modo, non è una struttura segreta”. 

    La causa descrive
    gli eventi avvenuti il 21 ottobre 2013: Mann e Patrick stavano sbrigando delle
    commissioni quando la loro macchina è stata fermata da una pattuglia, entrambi
    sono stati perquisiti senza alcun motivo e arrestati da due agenti di polizia, per
    l’esattezza il sergente Ramaglia e l’agente Kevin Connoly, per possesso di
    droga, nonostante non avessero niente.

    Successivamente sono stati condotti a
    Homan Square. Qualche ora
    dopo, Deanda Wilson era in un negozio vicino St. Louis Avenue per comprare una
    bibita, quando l’agente di polizia Alejandro Miranda lo ha arrestato per la
    stessa ragione. Nella loro
    causa, Mann, Patrick e Wilson dichiarano di essere stati vittime di una serie
    di abusi compiuti dalla polizia, come insulti razziali, minacce verbali e
    fisiche, perquisizioni integrali e una detenzione ai limiti della decenza.

    Secondo
    i tre, durante la loro detenzione a Homan Square non gli sarebbe stato fornito
    cibo, acqua né la possibilità di usare il bagno. Tanto da obbligare Wilson a
    farsela addosso per quanto non ce la facesse più. 

    Secondo gli
    avvocati dei tre arrestati, la polizia avrebbe provato a convincerli a
    collaborare, fornendo finte accuse e producendo prove ad hoc per giustificare i
    loro arresti. “I tre
    clienti del People’s Law Office sono innocenti. Patrick e Mann sono stati
    illegalmente detenuti per 15 mesi nel carcere della Contea Cook e solo il 14
    gennaio 2015, un giudice li ha assolti da tutte le accuse.

    Wilson è ancora
    dentro in attesa del processo”, ha dichiarato l’avvocato di Wilson, Shubra
    Ohri. Ohri
    dichiara: “Questa causa civile è stata intentata perché quello che è successo
    ai nostri clienti ha violato il Quarto Emendamento. Il nostro asso nella manica
    per provare la loro innocenza è il fatto che il dipartimento di polizia deve
    fornire obbligatoriamente prove per dimostrare la colpevolezza di un arrestato,
    quindi se veramente hanno trovato della droga addosso ai nostri clienti
    vogliamo fisicamente vedere cos’hanno trovato. Se hanno inventato tutto, non
    sarà semplice per loro fornirci delle prove”. 

    Nella causa
    si parla di condotta anticostituzionale della polizia a Homan Square. Fra le
    varie accuse, un agente avrebbe puntato un coltello alla gola di Wilson,
    tagliando i lacci della sua felpa dopo la richiesta di Wilson di parlare con il
    suo avvocato e il rifiuto di fornire
    informazioni sullo spaccio di droga nel suo quartiere, in quanto totalmente
    ignaro della cosa.

    Un altro
    agente, invece, avrebbe preso Mann per il collo, minacciandolo di arrestare “il
    culo nero” di sua moglie e dicendogli che non avrebbe visto crescere il suo
    giovane figlio, se non avesse fornito qualche informazione utile su uno
    spacciatore di eroina di sua conoscenza.

    La moglie di Mann, contattata telefonicamente, ha dichiarato: “Mio marito
    non vuole parlare più con nessuno. Non vogliamo pubblicità perché lui non vuole
    rivivere cosa è successo lì. È stata una vera tortura. Un vero e proprio
    inferno”. 

    Nonostante la
    causa civile sia stata depositata quasi tre mesi fa, il dipartimento di polizia
    di Chicago non ha ancora risposto all’accusa del People’s Law Office e resta
    difficile da ipotizzare una data per un possibile primo processo.

    *Illustrazione a cura di Yara De Freitas, artista italo-brasiliana di 27 anni 

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