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    Il governatore cristiano di Jakarta è stato condannato a due anni di carcere per blasfemia

    Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama, governatore uscente della capitale indonesiana, è stato accusato di blasfemia verso il Corano nel settembre del 2016

    Di TPI
    Pubblicato il 9 Mag. 2017 alle 07:54 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:06

    Il governatore uscente di Jakarta, Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama, esponente della minoranza cristiana, è stato condannato il 9 maggio a due anni di prigione per blasfemia. Il tribunale ha ordinato l’arresto immediato di Tjahaja Purnama, accusato a settembre 2016 di blasfemia verso il Corano e successivamente incriminato.

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    L’accusa rivolta all’uomo è quella di aver insultato l’islam riferendosi a un verso del Corano durante un discorso in campagna elettorale. La sentenza è stata più dura del previsto, anche se non è la massima pena prevista per questa accusa.

    A fine marzo 2017 decine di migliaia di persone avevano manifestato nel centro della capitale dell’Indonesia per chiedere l’arresto del governatore.

    Tjahaja Purnama, cristiano di origine cinese, ad aprile 2017 era stato sconfitto da un candidato musulmano nelle elezioni per il rinnovo della carica. Ha annunciato che ricorrerà in appello.

    La notizia della condanna è stata accolta dai manifestanti all’esterno del tribunale con slogan inneggianti all’islam.

    Il giudice ha motivato la sentenza spiegando che Ahok – nome col quale è conosciuto l’ex governatore – “non ha mostrato pentimento” e ha rischiato di “rompere l’unità” dell’Indonesia.

    Ahok si era scusato dopo le accuse che lo hanno riguardato, ma non è mai riuscito a placare le proteste contro di lui. Il 4 novembre una persona è morta e decine sono rimaste ferite durante alcuni scontri con la polizia. “Sono cresciuto tra i musulmani, non è possibile che abbia intenzionalmente insultato l’islam, perché significherebbe mancare di rispetto alle persone che amo e apprezzo”, ha dichiarato l’ex governatore in aula.

    Circa 13mila poliziotti sono stati dispiegati nella capitale indonesiana per evitare eventuali proteste tra sostenitori di Ahok e musulmani.

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