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    Google non dovrà garantire il diritto all’oblio in tutto il mondo: la sentenza Ue

    Il verdetto della Corte di Giustizia: le richieste non saranno applicate in tutte le versioni del motore di ricerca

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 25 Set. 2019 alle 11:57

    Google e diritto all’oblio: la sentenza

    Google non avrà diritto a garantire il diritto all’oblio su scala globale. È quanto ha stabilito ieri la Corte di Giustizia Ue dando ragione al motore di ricerca americano con una sentenza che farà discutere a lungo. I giudici hanno stabilito che Google, così come gli altri motori, in caso di richiesta di diritto all’oblio da parte di un utente non sono obbligati ad applicarla in tutte le loro versioni.

    È stato poi chiarito che, con alcune eccezioni previste dal diritto Ue, vale invece anche per i gestori dei motori di ricerca il divieto di trattare determinati dati personali sensibili.

    Il diritto all’oblio non applicabile a tutte le versioni

    La prima sentenza della Corte Europea riguarda il ricorso di Google, contro una multa da 100mila euro ricevuta dal Commissione nazionale dell’informativa e delle libertà francese per essersi rifiutato di applicare la “deindicizzazione” dei link, il cosiddetto “diritto all’oblio” appunto, a tutte le versioni del suo motore di ricerca. Il ricorso del colosso di Mountain View al Consiglio di Stato ha portato al pronunciamento della Corte.

    I giudici del Lussemburgo hanno spiegato che per rispettare pienamente il diritto all’oblio sarebbe necessaria un’operazione a livello mondiale. Ma molti Stati terzi non riconoscono tale diritto o lo applicano diversamente. Di conseguenza, allo stato attuale, per il gestore di un motore di ricerca che accoglie una richiesta di deindicizzazione non sussiste l’oblio derivante dal diritto dell’Ue di effettuare tale deindicizzazione su tutte le versioni del suo motore.

    Il motore di ricerca deve invece applicare il diritto all’oblio in tutte le sue versioni negli Stati membri Ue, mettendo in pratica misure che permettano quantomeno di scoraggiare gli utenti dall’accedere, attraverso l’elenco dei risultati, a versioni “extra Ue” del motore stesso.

    In altre parole, se consideriamo il web uno spazio aperto il diritto all’oblio sembra avere dei confini ben marcati. Per gli europei sono quelli dell’Ue.

    Google non responsabile dei dati su pagine di terzi

    Il secondo blocco di sentenze della Corte di Giustizia Ue riguarda invece il ricorso di quattro cittadini contro il rifiuto del Cnil francese di ingiungere a Google di applicare il diritto all’oblio nei loro confronti. Con la sentenza la Corte ha evidenziato che il gestore di un motore di ricerca non è responsabile del fatto che dei dati personali sensibili compaiono su una pagina web pubblicata da terzi, ma dell’indicizzazione di tale pagina.

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    Rientra quindi nei suoi compiti verificare se l’inserimento dei link nell’elenco dei risultati sia strettamente necessario per proteggere la libertà d’informazione degli utenti, oppure se questi possano essere “deindicizzati” su richiesta dell’interessato.

    In particolare, per quanto riguarda i procedimenti penali, qualora non ritenesse di poter accogliere la domanda sul “diritto all’oblio” di una persona, il gestore del motore di ricerca è comunque tenuto a sistemare l’elenco dei risultati in modo tale che l’immagine globale che ne risulta per gli utenti rifletta la situazione giudiziaria attuale facendo comparire per primi i link verso pagine contenenti informazioni più recenti.

    Il commento del Garante per la privacy

    Il Garante per la privacy italiano, Antonello Soro, ha spiegato che la decisione della Corte Ue “sicuramente un impatto rilevante sulla piena effettività del diritto all’oblio. “In un mondo strutturalmente interconnesso e in una realtà immateriale quale quella della rete, la barriera territoriale appare sempre più anacronistica”, ha detto.

    “A maggior ragione – ha continuato Soro – acquista ulteriormente senso l’impegno delle Autorità europee di protezione dati per la garanzia universale di questo diritto, con la stessa forza su cui può contare in Europa. L’equilibrio tra diritto di informazione e dignità personale, raggiunto in Europa anche grazie alla disciplina dell’oblio, dovrebbe rappresentare un modello a livello globale”.

    Google diritto oblio, la sentenza Ue in linea con posizione della Commissione

    Per quanto riguarda le istituzioni Ue, un portavoce della Commissione ha commentato: “Prendiamo nota della sentenza, che è in linea con la posizione presa dalla Commissione Ue su questo caso”.

    “La sentenza – ha aggiunto il portavoce – chiarisce che il diritto all’oblio si applica all’interno dell’Ue e che i gestori dei motori di ricerca devono prendere misure specifiche ed efficaci per assicurare che questo diritto sia garantito tuttavia, il diritto all’oblio non si applica necessariamente fuori dall’Europa. All’interno dell’Ue le regole sulla protezione dei dati si applicano e devono essere rispettate, e questo include il diritto all’oblio”.

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