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    Birmania, confermata condanna a sette anni per i due giornalisti Reuters

    Credit: Eko Siswono Toyudho / Anadolu Agency

    Wa Lone, 32 anni, e Kyaw Soe Oo, 28enne, stavano lavorando a un'inchiesta per denunciare la brutale repressione in Myanmar contro i Rohingya

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 11 Gen. 2019 alle 20:05 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:23

    Confermata in appello la condanna a 7 anni di carcere ai due giornalisti dell’agenzia Reuters accusati di “attentato alla sicurezza dello Stato” per aver svolto un’inchiesta sui massacri dei musulmani Rohingya perpetrati dall’esercito birmano.     

    “Il verdetto che è stato emesso in prima istanza non è sbagliato ed è stato in conformità con le leggi in vigore”, ha affermato il giudice Aung Naing dell’Alta Corte di Giustizia della regione di Rangoon.

    Wa Lone, 32 anni, et Kyaw Soe Oo, 28 anni, erano stati condannati in prima istanza a settembre a 7 anni di carcere ciascuno in un processo che ha suscitato l’indignazione globale ed è stato ritenuto un attacco alla libertà di stampa.

    Wa Lone, 32 anni, e Kyaw Soe Oo, 28enne, entrambi cittadini del Myanmar, lavoravano a un’inchiesta per denunciare l’uccisione extragiudiziale per mano dell’esercito di dieci musulmani Rohingya in un villaggio del Rachide, stato occidentale del paese, nel settembre scorso.

    La difesa dei due reporter può ora fare appello alla Corte Suprema.

    I due giornalisti, detenuti nella prigione Insein di Yangon, hanno sempre respinto le accuse sostenendo di essere stati invitati a cena dalla polizia che ha consegnato loro il materiale riservato e di essere stati arrestati mentre lasciavano il ristorante con quel materiale.

    Da quando è iniziata l’epurazione dei Rohingya, l’arresto di Wa Lone e Kyaw Soe Oo non è il solo caso di limitazione della libertà di stampa nel paese.

    “La loro detenzione arriva dopo l’arresto di giornalisti in diverse parti della Birmania, sottoposti a crescenti pressioni per aver criticato il governo e l’esercito”, aveva affermato Richard Weir, ricercatore di Human Rights Watch.

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