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    Il premier della Giordania si è dimesso

    Hani Mulki era in carica dal giugno 2016. Credit: Afp / Khalil Mazraawi

    Hani Mulki ha rimesso il mandato al re Abdullah II, dopo diversi giorni di proteste contro la riforma fiscale varata dal governo e sostenuta dal Fondo monetario internazionale

    Di Enrico Mingori
    Pubblicato il 4 Giu. 2018 alle 15:34 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 07:54

    Il primo ministro della Giordania, Hani Mulki, ha presentato le proprie dimissioni al re Abdullah II, dopo diversi giorni di proteste contro le misure di austerità imposte dal governo.

    Le dimissioni era state chieste dallo stesso re, che ora ha affidato la carica di premier a Omar al-Razzaz, attuale ministro dell’Istruzione del regno hashemita.

    Quelle andate in scena negli ultimi giorni  sono state le più imponenti manifestazioni registrate da diversi anni a questa parte nel paese mediorientale.

    Nel mirino delle proteste l’aumento delle tasse sostenuto dal Fondo monetario internazionale, che secondo i dimostranti colpirà le classe più disagiate e la classe media.

    Mulki ha rifiutato di retrocedere, dicendo che spettava al parlamento decidere se approvare la riforma fiscale o meno.

    Il governo si è giustificato dicendo che le casse statali hanno bisogno di soldi per finanziare i servizi pubblici e sostenendo che l’aumento delle tasse riguarderà le classi più ricche.

    Il provvedimento fiscale prevede un rialzo del 5 per cento delle aliquote sul reddito.

    La misura deriva dalla linea di credito triennale da 723 milioni di dollari che il governo ha ottenuto dal Fondo monetario internazionale nel 2016.

    La legge deve ancora essere approvata dal parlamento. Si stima che una maggioranza pari a 78 parlamentari su 130 sia contraria alla legge.

    Nell’ambito di una serie di riforme economiche volte a ridurre il debito pubblico, pari a circa il 95 per cento del prodotto interno lordo, il governo giordano ha introdotto aumenti dei prezzi sulle materie prime che hanno scatenato dure proteste.

    Il costo del carburante è aumentato di cinque volte nel 2018.

    Le proteste nella capitale Amman sono guidate dal Partito comunista e da Hirak Shababi, movimento giovanile indipendente.

    Mentre le proteste nella capitale sono state pacifiche, in alcune province i manifestanti hanno chiuso le strade principali incendiando pneumatici e gettando sassi contro la polizia.

    I sindacati che rappresentano decine di migliaia di impiegati sia nel settore pubblico che in quello privato hanno anche annunciato uno sciopero generale mercoledì, se le loro richieste della gente non saranno soddisfatte.

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