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    Migranti, Gentiloni: “Chiediamo un impegno sulle quote obbligatorie”

    Gentiloni. Credit: AFP PHOTO / OLIVIER HOSLET

    Il premier ha incontrato in un mini vertice a Bruxelles i paesi del blocco "Visegrad", ma sulla ricollocazione dei profughi le posizioni restano distanti

    Di Lara Tomasetta
    Pubblicato il 14 Dic. 2017 alle 17:07 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 01:48

    Si chiama “Visegrad” e rappresenta il blocco dei paesi più restii a ricollocare i migranti che sono approdati in questi mesi sulle coste italiane e su quelle greche.

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    A farne parte sono Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Il premier Paolo Gentiloni li ha incontrati il 14 dicembre a Bruxelles per il mini vertice Ue al quale ha preso parte anche il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.

    “Per noi i muri e le chiusure sono sbagliate, e le quote obbligatorie sono il minimo sindacale per l’Unione europea”, ha avvertito Gentiloni.

    “Questi paesi hanno un’opinione molto lontana. Ma è significativo che questa differenza che resta non abbia impedito un’iniziativa politica che ritengo rilevante e per la quale sono riconoscente”, ha sottolineato il premier.

    Al termine dell’incontro, stando alle indicazioni fornite dal presidente del Consiglio, Italia e Commissione europea da una parte e paesi del gruppo Visegrad dall’altra sono rimasti distanti sulla questione della ricollocazione (relocation) dei profughi.

    Si è parlato anche di Libia e della necessità di nuove risorse da allocare ai paesi nordafricani.

    L’ungherese Viktor Orban, lo slovacco Robert Fico, il polacco Mateusz Morawiecki, e il ceco Andrej Babis hanno annunciato lo stanziamento di 36 milioni.

    Queste risorse andranno nelle casse del “Fondo fiduciario per l’Africa – Finestra Nord Africa”, e serviranno in particolare a finanziare la seconda fase di un progetto che l’Italia sta gestendo in Libia, per l’addestramento e l’equipaggiamento della guardia costiera e di frontiera terrestre, e l’allestimento del centro che permetterà di rendere operativa l’area di soccorso e ricerca in mare (Sar) libica.

    “Se vogliamo consolidare la svolta nella lotta ai trafficanti e cambiare in modo significativo la situazione dei diritti umani in Libia, abbiamo bisogno di un impegno finanziario, logistico, politico, ancora più forte, da tutta la famiglia europea. Questo chiederà l’Italia stasera” al vertice Ue, ha concluso Gentiloni.

    Cos’è la ricollocazione?

    Il programma di “relocation” è una delle iniziative concepite nell’ambito dell’Agenda Europea sulla Migrazione, adottata dalla Commissione Europea il 13 maggio 2015.

    Con due decisioni del settembre 2015 sono state disposte misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell’Italia e della Grecia che, per ragioni geografiche di confine marittimo dell’area Schengen, sono i paesi europei maggiormente soggetti alla pressione del fenomeno migratorio.

    La procedura prevede la ricollocazione di persone in evidente bisogno di protezione internazionale.

    Sulla base di tali decisioni  i richiedenti protezione internazionale appartenenti a nazionalità (o apolidi residenti) per le quali il tasso di riconoscimento della protezione internazionale è pari o superiore al 75 per cento possono essere trasferiti in uno stato membro – secondo le quote messe a disposizione dai paesi che hanno aderito al programma di ricollocamento – nel quale sarà esaminata la loro domanda.

    Questo trasferimento presuppone la pre-identificazione, il foto-segnalamento e la formalizzazione della domanda di protezione internazionale.

    Attualmente i principali beneficiari del programma di ricollocazione sono i richiedenti asilo eritrei e siriani centrafricani.

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