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    Fuga dall’Egitto

    Dopo il rovesciamento del governo Morsi l'ex vice presidente El Baradei vola a Vienna. Ora le autorità lo accusano di tradimento

    Di Gualtiero Sanfilippo
    Pubblicato il 21 Ago. 2013 alle 10:08 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:20

    Mohamed El Baradaei, ex vicepresidente ad interim dell’Egitto e Nobel per la Pace, è accusato di tradimento dalle autorità egiziane. Le sue dimissioni da vicepresidente, dopo il bagno di sangue della scorsa settimana al Cairo, non sono passate inosservate e adesso dovrà affrontare il processo con la prima udienza fissata al 19 settembre.

    Da tre giorni, ormai, El Baradei ha lasciato l’Egitto per raggiungere Vienna. Si parla di una condanna a tre anni di reclusione, anche se potrebbe risolversi con una multa e una pena detentiva sospesa.

    Grazie a El Baradei che oggi viene considerato come “traditore”, il governo di Mohamed Morsi è stato rovesciato con successo lo scorso luglio. Il Nobel per la pace fu il liberale più importante ad avallare il golpe dei militari.

    Ma adesso l’abbandono del governo e del Paese equivale per l’Egitto a un “tradimento della fiducia” e anche se è la violenza ad aver attirato tutti gli occhi del mondo sull’Egitto, in tribunale si parlerà prima di El Baradei e poi, forse, si darà spazio a tutte le altre azioni legali che vedranno da un lato i sostenitori di Morsi e dall’altro il nuovo vertice egiziano per discutere dei numerosi casi di uccisioni degli ultimi mesi. In questo processo, anche Morsi dovrà rispondere delle sue azioni e degli slanci di violenza scoppiati durante il suo anno di governo.

    L’errore di El Baradei sarebbe stato quello di “non tornare dinanzi a chi gli aveva affidato l’incarico e chiedere le dimissioni”, ha detto Sayyed Ateeq, professore di diritto presso l’università di Helqan a Reuters. Khaled Daoud, ex collaboratore di El Baradei, ha dichiarato che un’eventuale decisione di processare El Baradei costituirebbe una vera escalation politica: “Se questo caso contro El Baradei è vero – ha detto – allora si può intuire che in questo momento tutto è molto polarizzato: o sei da questa parte o da quella”.

    “Mi aspettavo che le cose andassero diversamente – ha detto Daoud a Reuters – e invece il risultato è differente rispetto a quel 30 giugno, quando presi parte alle manifestazioni contro Morsi”.

    Nel frattempo, non si ferma la violenza: due giornalisti sono stati colpiti ieri sera da una pattuglia dell’esercito mentre giravano a Damanhour dopo il coprifuoco. Il primo, Tamer Abdel Raouf, caporedattore di al-Ahram è stato ucciso, mentre solo una ferita per il giornalista di Al Gomhuriya. Secondo le autorità egiziane si sarebbe trattato di un “malinteso”.

    Periodo di crisi anche per i Fratelli Musulmani, i cui leader vengono incarcerati e bollati come terroristi mentre i loro attivisti sono uccisi nelle piazze. “La nostra unica opzione è il metodo pacifico”, ha comunque sottolineato il segretario generale dei Fratelli Musulmani, Khaled Hanafi.

    Adesso i Fratelli rischiano seriamente di scomparire. E pensare che il partito politico più importante dell’Egitto, solo due mesi fa, governava senza contrasti. Questa è “la prima volta che i Fratelli Musulmani sono in conflitto non solo con lo stato, ma con la burocrazia, l’élite politica e la maggior parte della società”, ha detto Rashwan. Tra coloro che sono morti, anche il figlio di 38 anni di Badie, la figlia di 17 anni del capo del gruppo Mohamed Beltagu e il nipote del fondatore dei Fratelli Musulmani Hassan al-Banna. Segno che questo potrebbe essere l’epilogo di un gruppo che ha influenzato per quasi un secolo la storia del mondo arabo.

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