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    Fentanil: dietro il boom di overdose negli Usa c’è l’alleanza fra narcos cinesi e messicani

    Il fentanil è 50 volte più potente dell’eroina. E negli Stati Uniti è già diventato la prima causa di morte tra i 18 e i 49 anni. Ma dietro il grande mercato a stelle e strisce c’è l’alleanza fra narcos asiatici e latinoamericani

    Di Vittoria Vardanega
    Pubblicato il 5 Mar. 2023 alle 07:00

    Negli Stati Uniti l’epidemia di dipendenza da oppioidi continua a causare ogni anno decine di migliaia di morti: più di 80mila solo nel 2021. La maggior parte delle overdose fatali sono causate dal fentanil, un potente oppioide sintetico molto usato sia in medicina sia come sostanza stupefacente, che oggi è la prima causa di morte per chi ha tra i 18 e i 49 anni nel Paese.

    La maggior parte del fentanil illegale venduto negli Stati Uniti proviene dalla Cina, principalmente attraverso due canali: direttamente per posta, tramite acquisti online, o indirettamente, passando dal Messico. Negli ultimi anni questo secondo metodo ha preso il sopravvento, ed è nata una rete di collaborazione criminale tra i narcotrafficanti cinesi e messicani.

    I laboratori cinesi producono le sostanze chimiche necessarie alla produzione del fentanil e le inviano in Messico, dove i cartelli della droga le utilizzano per fabbricare il prodotto finito, che viene poi contrabbandato negli Stati Uniti. 

    I numeri della crisi
    I derivati naturali e semisintetici dell’oppio, come l’eroina e la morfina, vengono raggruppati nella categoria degli oppioidi insieme ai composti sintetici che, pur non essendo ricavati dall’oppio, agiscono in modo simile sulla percezione del dolore.

    Negli Usa, come detto, solo nel 2021 (ultimo anno con dati completi disponibili) sono morte per overdose da oppioidi 80.411 persone, in media 220 ogni giorno: più del doppio dei decessi annui per incidenti stradali. Le morti per overdose da queste sostanze negli ultimi vent’anni (2001-2021) sono state più di 600mila, superiori alle vittime statunitensi della prima e seconda guerra mondiale messe insieme.

    L’origine di questa crisi viene fatta risalire al numero elevatissimo di prescrizioni di oppioidi da parte di medici e farmacie online che non eseguivano controlli approfonditi e prescrivevano potenti analgesici, come morfina e ossicodone, in modo spregiudicato.

    Queste prassi hanno portato i pazienti a sviluppare non solo una dipendenza dalla sostanza, ma anche una certa tolleranza, e quindi alla necessità di dosi sempre più forti per sortire gli stessi effetti analgesici.

    Di fronte all’impossibilità di ottenere continue prescrizioni, o prescrizioni con dosaggi più elevati, moltissime persone sono passate all’eroina o ad altri oppioidi illegali, più potenti, più facili da ottenere e meno costosi dei farmaci. Anche la stretta decisa a metà degli anni Duemila dal Governo statunitense – che ha dato un giro di vite al mercato degli oppioidi leciti e alle facili prescrizioni – può aver avuto come effetto indesiderato quello di spingere alcuni verso gli oppiodi illegali.

    Osservando i dati del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) e distinguendo i decessi per tipo di oppioide, però, si nota come dal 2015-2016 le overdose causate dagli oppiacei (come appunto l’eroina) non siano particolarmente cresciute, cedendo il passo agli oppioidi sintetici.

    Le morti causate dall’overdose di queste sostanze sono cresciute in modo esponenziale, passando da poco meno di 10mila nel 2015 a circa 70mila nel 2021. E tra queste, quella di gran lunga più utilizzata è stata, ed è tuttora, il fentanil. Così tanto che, secondo un’analisi del Washington Post, il fentanil oggi è la prima causa di morte per chi ha tra i 18 e i 49 anni e che il suo abuso è considerato una delle cause, insieme al Covid-19, dell’abbassamento dell’aspettativa di vita statunitense negli ultimi anni.

    Bastano dosi minime
    Il fentanil è un potente oppioide sintetico, prodotto in laboratorio a partire da altri composti chimici, chiamati precursori. Quando è prodotto e venduto legalmente, viene utilizzato in medicina come analgesico e anestetico.

    Ma il fentanil, oltre a essere un prodotto sintetico, presenta un’altra caratteristica che è fondamentale per capire perché si sia diffuso così tanto: è circa 50 volte più potente dell’eroina e 100 volte della morfina.

    Questo significa che, per raggiungere un certo effetto, è necessaria una quantità di fentanil molto più piccola rispetto all’eroina o sostanze simili. Questa caratteristica lo rende molto più facile da contrabbandare e far arrivare negli Stati Uniti, o anche semplicemente da spostare e spacciare all’interno del Paese.

    Per questo, secondo diversi analisti, l’improvviso aumento di fentanil nelle strade nel 2015-2016 è dovuto soprattutto a una scelta dei narcotrafficanti e spacciatori, più che alla domanda dei consumatori. Purtroppo il fatto che il fentanil sia così potente rende più difficile gestire le dosi in modo sicuro, aumentando quindi il rischio di overdose. 

    Rotta internazionale
    La Cina è uno dei maggiori produttori mondiali di fentanil e sostanze ad esso analoghe, ed è anche il principale fornitore di questa sostanza e dei suoi precursori negli Stati Uniti.

    Inizialmente il metodo più comune per far arrivare il fentanil negli Usa era la posta: gli stupefacenti venivano (ma accade tuttora) acquistati direttamente online dagli spacciatori statunitensi. In Cina produrre il fentanil e i suoi analoghi non era illegale, quindi bastava evitare i controlli alla dogana per i pacchi in arrivo, controlli che peraltro non venivano effettuati in modo sistematico.

    Con l’aumentare della crisi, sono aumentate anche le pressioni da parte di Washington per far sì che Pechino monitorasse la produzione interna di queste sostanze. Finché, durante il G20 del 2018, è stato raggiunto un accordo tra i due Paesi: nel 2019 la Cina ha posto sotto controllo la produzione di fentanil, dei suoi analoghi e dei suoi precursori, che da allora è permessa solo previa autorizzazione. 

    Poco dopo è scoppiata la pandemia di Coronavirus, che ha avuto un doppio effetto sulla crisi degli oppioidi. Da una parte, la produzione dalla Cina è stata, se non interrotta del tutto, di sicuro molto rallentata, soprattutto perché uno dei principali centri di produzione si trovava a Wuhan, epicentro della pandemia.

    E la riduzione dell’offerta ha determinato un innalzamento dei prezzi degli oppioidi negli Stati Uniti. D’altra parte, però, il Covid ha contribuito a un aumento dell’uso di sostanze stupefacenti nel Paese, sia per la facilità di ricevere pacchi a casa sia – soprattutto – per lo stress dovuto alla crisi stessa, all’isolamento, alle difficoltà economiche, alla mancanza di una normale routine.

    Ciò purtroppo ha portato a un significativo incremento delle morti per overdose da oppioidi anche nel 2020. Il narcotraffico proveniente dalla Cina, infatti, non si è mai veramente interrotto, ma ha semplicemente trovato nuove strade e nuovi modi di operare. 

    Se è vero che il fentanil e i suoi precursori sono stati aggiunti alla lista delle sostanze che vengono controllate dalle autorità di Pechino, è anche vero che è facile cambiare leggermente la composizione chimica dei precursori per produrne di nuovi, non ancora posti sotto controllo, ma che funzionano nello stesso modo.

    Non appena questi vengono aggiunti alla lista, ne vengono creati di nuovi, e la nomenclatura tecnica (come Anpp, Npp e 4-Ap) rende difficile un monitoraggio capillare dei siti web dove è possibile acquistarli, così come dei laboratori dove vengono prodotti.

    Inoltre, per far fronte ai maggiori controlli sugli acquisti diretti di prodotti cinesi da parte di compratori negli Stati Uniti, i narcotrafficanti hanno cambiato rotta: invece di esportare direttamente il fentanil negli Stati Uniti, hanno cominciato a guardare ai Paesi vicini, e in particolare al Messico.

    I narcotrafficanti messicani sono da molto tempo attivi nella produzione di eroina, ma negli ultimi anni le autorità del Paese hanno potenziato gli sforzi per distruggere le coltivazioni di papavero da oppio.

    Passare ai prodotti sintetici ha rappresentato una efficace contromossa. Si è così formata una nuova collaborazione illegale: i trafficanti cinesi hanno progressivamente diminuito la produzione di fentanil per concentrarsi su quella dei suoi precursori, che vengono venduti e spediti in Messico. Dove i narcotrafficanti li impiegano per produrre il fentanil, che verrà poi contrabbandato negli Stati Uniti, colmando quindi il “vuoto” lasciato dalle importazioni dirette dalla Cina. 

    Questa ricostruzione della Dea, l’Agenzia federale antidroga degli Stati Uniti, si basa sui dati: si è registrata infatti una diminuzione dei pacchi contenenti fentanil arrivati nel Paese direttamente dalla Cina (e individuati dalle forze dell’ordine) e, contemporaneamente, un aumento esponenziale di fentanil sequestrato al confine con il Messico.

    L’oppioide sintetico di solito viene trasportato da veicoli privati o commerciali, o addirittura da chi attraversa il confine a piedi, e rappresenta un affare molto redditizio per i cartelli della droga messicani. 

    Secondo la commissione federale che si occupa di monitorare le relazioni tra Stati Uniti e Cina in materia di economia e sicurezza, il narcotraffico tra Messico e Cina è facilitato da alcuni intermediari cinesi che si sono stabiliti nel Paese.

    Tra questi, il cartello Zheng è il più noto, ma non l’unico: nello Stato messicano di Sinaloa si trovano più di 2mila cittadini cinesi sospettati di lavorare per facilitare e coordinare l’importazione dei precursori del fentanil.

    L’uso di criptovalute con transazioni non rintracciabili e di piattaforme di messaggi criptati come WeChat rendono più difficile per le forze dell’ordine individuare le transazioni illecite, facilitando non solo il narcotraffico ma anche il riciclaggio di denaro, un’altra componente della collaborazione tra criminali cinesi e messicani.

    Negli Stati Uniti, inoltre, diversi ufficiali e commentatori lamentano la porosità con cui vengono applicate le norme sul territorio cinese: da una parte sembra che non ci siano abbastanza forze di polizia, dall’altra, la burocrazia locale prevede diversi livelli di amministrazione territoriale che spesso hanno interessi contrastanti.

    Secondo Ben Westhoff, un giornalista investigativo che si è infiltrato in diverse operazioni di narcotraffico, «alcuni ufficiali di provincia, ad esempio, potrebbero chiudere un occhio sulla produzione di certi laboratori, che, per quanto illecita, porta denaro nella zona».

    La Commissione federale statunitense riporta anche i ritardi con cui gli ufficiali cinesi agiscono in seguito a una segnalazione di un laboratorio sospetto. La (presunta) lentezza nelle operazioni permetterebbe agli stabilimenti, involontariamente o meno, di mettersi in regola e nascondere le prove della produzione illecita. 

    La Cina respinge con forza queste accuse: in un’intervista rilasciata a settembre 2022 Qin Gang, che allora era l’ambasciatore cinese negli Stati Uniti e che oggi è ministro degli Affari esteri, ha evidenziato gli sforzi fatti dal suo Paese per limitare la produzione di fentanil e precursori, ricordando come la Cina stessa abbia sofferto in passato per l’importazione di oppio e per la diffusa dipendenza da questa sostanza tra la sua popolazione, e sia quindi particolarmente sensibile alla crisi attualmente attraversata dagli Stati Uniti.

    La cooperazione tra i due Paesi su questo tema, però, si è praticamente interrotta, in seguito alla visita a Taiwan da parte di Nancy Pelosi (ex speaker della Camera) lo scorso agosto, e non sembra essere ripresa da allora. Sembra chiaro quindi che le basi della cooperazione cinese sul tema siano politiche più che morali, e che dipendano molto dagli altri dossier aperti tra i due Paesi. 

    La linea di Biden
    Ridurre l’arrivo di fentanil e analoghi negli Stati Uniti rappresenta una delle possibili strategie per contrastare la crisi degli oppioidi, ma, come abbiamo visto, è tutt’altro che semplice. Cosa si può fare e cosa si sta facendo, invece, sul territorio nazionale?

    L’amministrazione del presidente Joe Biden sembra aver abbandonato del tutto le politiche della cosiddetta War on Drugs, ovvero la dura repressione e proibizione di sostanze stupefacenti: si sta concentrando invece sull’evitare le morti per overdose, garantire accesso a cure mediche per le persone dipendenti dagli oppioidi, e su prevenzione e sensibilizzazione.

    Il piano governativo si muove su tre piani: ingenti fondi federali per gli Stati e gli individui più colpiti dalla crisi, semplificazioni legislative e amministrative per rendere l’accesso alla terapia più facile e infine una massiccia campagna di informazione pubblica.

    A dicembre 2022, ad esempio, Biden ha approvato una misura bipartisan per facilitare la prescrizione di buprenorfina da parte dei medici. Il trattamento della dipendenza con buprenorfina o metadone può sembrare contraddittorio, dal momento che si tratta di due oppioidi.

    Ma questi farmaci, se somministrati seguendo le giuste indicazioni, aiutano i pazienti a superare le crisi di astinenza, e quindi a evitare ricadute, senza produrre gli effetti euforici o di sonnolenza tipici di eroina, fentanil e altri oppioidi.

    Per contenere il numero di morti da overdose, l’amministrazione Biden punta a rendere l’accesso al naloxone più semplice: già adesso lo si può acquistare in alcune farmacie senza prescrizione. Questo farmaco agisce come un antidoto durante un’overdose da oppioidi, permettendo alla persona di tornare a respirare.

    L’effetto dura solo tra i 30 e i 90 minuti, dopo i quali è necessario somministrare una nuova dose o ricevere ulteriori cure mediche, ma in situazione di emergenza può salvare la vita. Tanto che persino le forze dell’ordine sono ormai munite di naloxone, nelle zone più colpite dalla crisi.

    Di fronte a queste iniziative, alcuni commentatori si dicono ottimisti sul fatto che l’emergenza abbia raggiunto il suo apice e si sia vicini ad una svolta. Altri ricordano invece come la crisi degli oppioidi abbia cambiato faccia già diverse volte negli ultimi vent’anni, e che potrebbe farlo ancora.

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