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    Il nuovo femminismo di Hollywood

    Da Emma Watson fino a Patricia Arquette, la riscossa delle donne che sta dando vita a un nuovo tipo di femminismo

    Di Flavia De Gregorio
    Pubblicato il 24 Feb. 2015 alle 11:21 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 08:09

    Negli anni Novanta Goldie Hawn, interpretando il ruolo di un’attrice di mezz’età ne “Il club delle prime mogli”, asseriva una scomoda verità: “a Hollywood ci sono solo tre ruoli per le donne: la bomba sexy, il procuratore e a spasso con Daisy”.

    Venti anni dopo sembra che soffi un vento nuovo sulle colline di Hollywood.

    La neo premiata Patricia Arquette ha sfruttato la serata degli Oscar 2015 per chiedere uguali diritti per le donne.

    — Il discorso sulla parità dei sessi di Patricia Arquette 

    Un tema caro alle Golden Girls di Hollywood. Nella stessa serata, anche Emma Stone e Reese Whiterspoon non si sono sottratte dal criticare i media americani, accusandoli di essere troppo spesso attenti esclusivamente al loro aspetto esteriore, e non alle loro interpretazioni.

    A sostegno della parità di genere anche la regina indiscussa di Hollywood Merlyn Streep, che durante la cerimonia ha accolto con entusiasmo il discorso dell’Arquette al grido di “You go girl!”.

    A quanto pare anche nel dorato mondo hollywoodiano le buste paga hanno un differente peso se si è uomini o donne, e le attrici vedono le retribuzioni sempre più esigue con l’avanzare degli anni.

    Una delle prime star di Hollywood a diventare icona di un nuovo filone femminista nella lotta per la parità di genere è stata Emma Watson, che con il suo discorso come testimonial per la campagna Onu HeForShe è diventata fonte di ispirazioni per milioni di donne e uomini.

    — Donne che non odiano gli uomini: il discorso di Emma Watson alle Nazioni Unite sull’eguaglianza tra i sessi

    Con le attrici di Hoollywood si inaugura una nuova stagione per il femminismo basata sull’unione tra i sessi, non più contrapposti, ma uniti per sostenere l’uguaglianza sostanziale dei diritti.

    La differenza retributiva tocca trasversalmente tutti i settori lavorativi e con la crisi economica la condizione è peggiorata. Ma se in America la situazione è grave in Italia lo è ancora di più.

    L’Italia registra tra i più alti tassi di disoccupazione femminile in Europa, con picchi altissimi nelle regioni a sud del Paese. Nella maggior parte dei casi non una scelta volontaria delle donne, ma una decisione imposta da un mercato del lavoro sfavorevole che le costringe a scegliere tra famiglia e lavoro.

    Non sono sufficienti le quote rosa nella compagine governativa per risolvere il gender gap.

    I media dovrebbero denunciare in modo più coraggioso le distorsioni e le anomalie che affliggono il nostro mercato del lavoro e non soffermarsi esclusivamente sul nuovo shatush della Boschi o il tailleur bluette della Carfagna.

    Anche la politica non fa abbastanza. Le polemiche del Presidente della Camera Laura Boldrini contro il sessismo televisivo sono sterili e inefficaci, volte a creare sul tema delle pari opportunità solo un dibattito di facciata.

    I tempi richiedono qualcosa di diverso, sintetizzare le tante lotte fatte e affrontare il tema in modo nuovo realizzando un movimento di opinione che stimoli e indirizzi le scelte future in tema di donne, facendo circolare le idee che si devono trasformare in azioni concrete e iniziative politiche.

    Le donne non devono guardarsi indietro, ma raccogliere con grinta le nuove sfide per dare la propria impronta al mondo.

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