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    Due ex prigionieri politici hanno aperto il primo fast food mobile in Palestina

    Khaldoun Barghouti e Abdel Bibi hanno trascorso dieci anni della loro vita in un carcere israeliano, una volta usciti hanno deciso di dar vita a questo progetto

    Di TPI
    Pubblicato il 26 Set. 2016 alle 17:51 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 09:01

    Il camioncino multicolore con la scritta “Food Train” sosta su un lato del mercato centrale di frutta e verdura di Ramallah, in Cisgiordania. La prima volta che comparve parcheggiato in quel punto non passò certamente inosservato sia per i suoi colori sgargianti, sia per il suo assortimento di hot dog, hamburger e panini shawarma. 

    Il suo proprietario si è mostrato fiero della sua creazione, la primo in assoluto in Palestina. Khaldoun Barghouti, un palestinese di 43 anni, originario d Kobar non lontano da Ramallah, ha raccontato in un’intervista rilasciata ad Al Jazeera, che quando ha aperto il suo chiosco mobile su quattro ruote nel mese di aprile tutti lo scambiavano per il furgone dei gelati.

    Non è stata un’impresa facilissima ottenere la licenza, operare frequenti sopralluoghi e decidere il listino dei prezzi, in una terra sotto costante minaccia. 

    Oggi il furgoncino dai colori sgargianti è diventato un punto di riferimento per i bambini del quartiere, che non disdegnano un hot dog appena cucinato o un panino shawarma ricco di ogni ingrediente. 

    Ad aiutare Khaldoun ogni giorno c’è il suo socio Abdel Rahman Bibi, palestinese anche lui. I due si sono conosciuti tra le anguste celle di una prigione israeliana, dove hanno trascorso rispettivamente nove e otto anni. Ex prigionieri politici, Khaldoun e Abdel una volta fuori hanno deciso di reinserirsi nella società.

    Khaldoun, padre di sei figli, non poteva trascorrere lungo tempo senza un’occupazione. “Volevamo anche che la gente beneficiasse del nostro lavoro, e noi nel contempo riuscissimo a reintegrarci nella società e poter fornire così un servizio a tutti”, ha raccontato l’uomo.

    Da ex detenuti non era facile riadattarsi a uno stile di vita lontano dall’oscurità delle prigioni israeliane. “All’inizio è stata più la curiosità ad attrarre persone verso il nostro furgone. Molti ci hanno voluto aiutare in virtù del nostro passato, ma ora ritornano perché apprezzano il nostro cibo”. 

    Il progetto è nato in carcere. Costretti in spazi angusti, poco illuminati e ridotti, senza aria e senza luce, una volta scarcerati, i due hanno voluto riassaporare la normalità e per questo hanno optato per un’idea simile. E anche la scelta dei colori non è stata casuale. Ai colori scuri come il nero, il blu scuro o il marrone, Khaldoun ha voluto contrapporre colori scintillanti e toni vivaci come il rosso, l’arancione e il viola. 

    E lo stesso è valso per le tipologie di cibo proposte ai loro clienti. Tra le loro specialità si annovera un mix di tonno e mais – lo stesso pasto che per anni i due hanno mangiato dietro le sbarre – e che ora hanno rivisitato proponendolo nei panini shawarma, negli hot dog di carne di tacchino o nelle schnitzel arricchiti di patatine fritte, verdure o sottaceti. 

    Non è stato facile ottenere un permesso da parte delle autorità palestinesi per aprire un’attività del genere, la prima del suo genere in Cisgiordania. “Ma alla fine ci siamo riusciti”, ha ricordato Khaldoun. Inoltre, con l’aiuto di una ditta locale, i due soci hanno dotato il loro furgone di due pannelli solari attraverso i quali possono ottenere energia per far funzionare il congelatore, i frigoriferi e i ventilatori. 

    Prima di optare per questa soluzione ecologica, come ha raccontato Bibi, sono state fatte delle ricerche in merito: “Abbiamo fatto delle indagini online e abbiamo visto che sarebbe stato possibile far funzionare il nostro furgone-fast food in quel modo. Se avessimo messo un generatore, questo sarebbe stato altamente inquinante e avrebbe rilasciato fumi pericolosi per l’ambiente. Eravamo in cerca di una soluzione alternativa, e la migliore che abbiamo trovato è stata l’energia solare”. 

    Il “Food Train” si muove da un punto all’altro di Ramallah, fermandosi ogni giorno in un punto diverso della città. La mattina spesso e volentieri lo si vede parcheggiato davanti all’università al-Quds, mentre a mezzogiorno si dirige verso la zona industriale di Beitunia per offrire il suo cibo agli operai in pausa pranzo. Nel tardo pomeriggio, il furgoncino sosta al mercato centrale, vicino a cumuli di patate e zucchine. 

    Nei fine settimana, il furgone si dirige verso i parchi, le aree turistiche e fuori dai centri culturali. “Finora abbiamo raccolto risposte positive dai nostri clienti. L’affluenza è alta e i clienti continuano a tornare. La nostra pagina Facebook è piena di messaggi di sostegno, o domande sul furgone”.

    I guadagni iniziano a salire seppur in maniera graduale. Ma questo denaro servirà per ripagare un prestito di 37mila dollari da versare nel corso dei prossimi cinque anni – seppur con un basso tasso di interesse – finanziato dal ministero dei detenuti palestinesi. 

    “Abbiamo dovuto affrontare alcuni ostacoli, perché si tratta del primo progetto di questo tipo in Palestina”, ha spiegato Barghouti. “Non riuscivamo a trovare le apparecchiature adatte da installare all’interno del camion. Tutto doveva essere su misura. Credo che l’unico elemento che abbiamo acquistato da un negozio sia stato un set di coltelli”.

    I due comuni di Ramallah e Bireh sotto la cui giurisdizione il furgone opera, non sapevano su quali basi e per quali scopi rilasciare l’autorizzazione. Non si trattava di un ristorante, di una bancarella ma di un furgone. “Per fortuna, il governatorato ci ha rilasciato un permesso grazie al quale potevamo parcheggiare ovunque, a patto di non ostacolare il traffico o di sostare davanti a un marciapiede o davanti a un ristorante”. 

    Anche i prezzi dei panini, degli hot dog e delle patatine fritte si sono adeguati allo stile di vita dei quartieri nei quali girano: ad esempio, il mercato dove i garzoni che vi lavorano devono aiutare anche le loro famiglie. Per questa ragione i prezzi sono bassi. “Un panino con salsiccia colmo di patatine fritte e verdure lo vendiamo a due dollari”, ha raccontato Bibi, il socio di Khaldoun. 

    Nel giro di qualche mese, il business di aprire un furgone-fast food ha conquistato anche altre città palestinesi, come Gaza. Ma questa è un’altra storia. 

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