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    Il presidente turco Erdogan giura per il secondo mandato e revoca lo stato di emergenza

    Il presidente Erdogan

    Il 9 luglio sarà anche sospeso lo stato di emergenza in vigore da due anni e la Turchia passa da una forma di governo parlamentare a una presidenziale

    Di Futura D'Aprile
    Pubblicato il 9 Lug. 2018 alle 12:44 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:22

    Recep Tayyip Erdogan giurerà oggi, 9 luglio 2018, come presidente della Turchia dopo la vittoria nelle elezioni del 24 giugno.

    Erdogan, leader del partito Giustizia e Sviluppo (Akp) ha ottenuto il 52 per cento dei voti, mentre il suo principale sfidante, il socialdemocratico Muharrem Ince, si è fermato al 30 per cento.

    La cerimonia di giuramento sarà presieduta da diversi leader mondiali, tra cui il primo ministro russo Medvedev, il presidente del Venezuela Maduro e l’Emiro del Qatar al Thani.

    L’evento ha luogo nella capitale, Ankara, e segnerà un importante cambio del sistema politico del paese.

    Queste nuove elezioni, infatti, hanno segnato il passaggio dal sistema parlamentare a quello presidenziale, in linea con un cambio della Costituzione approvato con un referendum l’anno scorso.

    L’emendamento costituzionale ha consentito a Erdogan, 64 anni, di candidarsi per due nuovi mandati presidenziali quinquennali. L’uomo forte della Turchia è al potere dal 2003, prima come primo ministro, poi come presidente.

    In base al nuovo sistema presidenziale appena entrato in vigore, il presidente sarà a capo dell’esecutivo e avrà il diritto di nominare e rimuovere i vicepresidenti, un ruolo appena creato, i ministri, gli alti funzionari e i giudici senza aver bisogno dell’approvazione del parlamento.

    Inoltre, il presidente avrà il potere di sciogliere il Parlamento, emanare decreti esecutivi e imporre un nuovo stato di emergenza.

    Per la giornata di oggi è anche atteso l’annuncio dei membri del nuovo Parlamento.

    Erdogan aveva in precedenza affermato che tra i parlamentari non ci saranno esponenti del suo partito, facendo intuire che l’incarico verrà affidato a ex politici e burocrati.

    Il 9 luglio il governo turco ha anche revocato lo stato di emergenza in vigore nel paese da quasi due anni, imposto dopo il tentato golpe.

    Lo stato di emergenza, infatti, era stato dichiarato il 21 luglio 2016 in diretta televisiva dallo stesso Erdogan, dopo il fallito tentativo di colpo di stato della notte tra il 15 e il 16 luglio.

    In base all’articolo 120 della Costituzione turca, il provvedimento può essere introdotto, in caso di diffusi atti di violenza volti alla destrutturazione dell’ordine democratico, per un periodo non superiore ai sei mesi.

    Da allora lo stato di emergenza è stato prorogato più volte e ciò ha permesso al presidente Erdogan e al governo di scavalcare il parlamento nella promulgazione di nuove leggi e di limitare o sopprimere i diritti e le libertà personali.

    Poco prima della sospensione dello stato di emergenza, però, il presidente turco ha licenziato più di 18mila dipendenti pubblici tra funzionari di polizia, militari, insegnati e professori universitari.

    Secondo quanto dichiarato dal governo turco, i dipendenti licenziati erano considerati una “minaccia alla sicurezza dello Stato”

    Il decreto emanato dal governo prima dell’inizio del nuovo mandato di Erdogan prevede anche la chiusura di 12 associazioni, un canale televisivo e 3 giornali, uno dei quali è il filocurdo Ozgurlukcu Demokrasis.

    Il nuovo provvedimento si inserisce nel giro di vite portato avanti da due anni dal governo turco in risposta al tentato golpe di stato del luglio 2016.

    Ad oggi, le persone che hanno perso il lavoro durante lo stato di emergenza sono arrivate a 160mila.

    Inoltre, più di 150mila sono state arrestate per sospetti legami con l’imam Gulen, accusato dal governo di Ankara di essere dietro il tentato colpo di Stato.

    Circa 55mila persone sono ancora in carcere.

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