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    Quegli stati di cui ci ricordiamo solo per le elezioni americane

    Di Stefano Mentana
    Pubblicato il 16 Dic. 2023 alle 19:32 Aggiornato il 29 Dic. 2023 alle 19:34

    Alzi la mano chi sente parlare di Iowa in un momento che non sia nei primi mesi dell’anno ogni quattro anni, periodo in cui si appresta tradizionalmente a essere il primo degli stati americani ad andare al voto per le primarie con cui democratici e repubblicani scelgono il proprio candidato alla Casa Bianca. Può certo capitare che di quello stato si senta nuovamente parlare, qui in Italia, qualche mese dopo quando i cittadini degli States sono chiamati a scegliere il presidente nelle elezioni che da consolidata tradizione si svolgono il primo martedì tra il 2 e l’8 novembre: è capitato più d’una volta che l’Iowa fosse un battleground state, come vengono chiamati oltreoceano gli stati in bilico che rischiano di decidere in un modo o nell’altro l’elezione.

    Se si parla di stati in bilico, in realtà, quello per antonomasia è l’Ohio, cui negli anni si è aggiunta la Florida, complice il conteggio all’ultimo voto della sfida tra George W. Bush e Al Gore nel 2000, vinta dal repubblicano per appena 537 voti, non senza polemiche che si sono trascinate per lungo tempo. Eppure, sorte vuole che Ohio e Florida, pur mantenendo la nomea di “stati in bilico” per eccellenza, non lo siano più a livelli così consolidati: mutamenti demografici possono attribuire infatti a uno stato un peso minore nel collegio elettorale decisivo per scegliere il presidente, cambiamenti politici possono togliere a un determinato stato la centralità della corsa.

    Così è successo che nel 2020, ad esempio, Joe Biden ha perso sia in Ohio che in Florida ed è divenuto presidente, rendendo non solo uno dei due, ma entrambi gli stati non decisivi per l’elezione dell’inquilino della Casa Bianca. Tutto cambia, anche queste tradizioni.

    In effetti, anche le tradizioni elettorali più radicate cambiano. Se guardiamo la mappa americana ce ne sono di situazioni che sono cambiate profondamente: dal sud che dagli anni Sessanta è passato da roccaforte democratica a feudo repubblicano, fino alla West Virginia, un tempo bacino elettorale democratico e oggi, dopo decenni di cambio di politica sul carbone, profondamente repubblicano, fino al Vermont, dove i democratici non vincevano nemmeno ai tempi di Roosevelt e in cui oggi vincono regolarmente a mani basse. Persino la California fino a un passato non troppo lontano votava repubblicano senza troppe difficoltà, fatto oggi difficilmente immaginabile.

    Succede in America, succede in Italia: esistono le tradizioni, le roccaforti e i feudi, ma il tempo passa, i temi, le domande e le risposte cambiano e con esse l’elettorato si fa sempre più fluido. E così anche la storia e la sorte di quegli stati di cui sentiamo parlare solo in prossimità di determinati eventi come le elezioni americane.

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