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    Macedonia del Nord, domenica le prime elezioni presidenziali dopo l’accordo sul nome con la Grecia

    I manifesti elettorali in vista del voto in Macedonia del Nord (Credits: Robert Atanasovski/Afp)
    Di Carmelo Leo
    Pubblicato il 19 Apr. 2019 alle 19:08 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 17:44

    Domenica 21 aprile 2019 nella Repubblica di Macedonia del Nord si tengono le elezioni presidenziali.

    Sono oltre 1 milione e 800mila i cittadini aventi diritto, che possono recarsi alle urne dalle 7 alle 19 (stessa ora italiana). Circa 3.500 i seggi, organizzati per garantire la buona riuscita di quella che viene considerata una tornata elettorale storica.

    Quelle del 21 aprile, infatti, sono le prime elezioni dopo l’entrata in vigore dell’accordo con la Grecia sul cambio del nome del paese. Un’intesa, raggiunta dopo quasi 30 anni di scontri (dal 1991) tra Skopje e Atene. E che ha aperto la strada all’ingresso della Macedonia del Nord nell’Unione europea e nella Nato.

    Elezioni Macedonia | I candidati

    A contendersi la vittoria e la successione al presidente conservatore uscente Gjorgje Ivanov, che dopo due mandati quinquennali non poteva più candidarsi, sono in tre: il candidato governativo Stevo Pendarovski, la rappresentante dell’opposizione conservatrice Gordana Siljanovska-Davkova e l’esponente di etnia albanese Blerim Reka.

    Pendarovski è un analista e professore di 56 anni, già candidato alle elezioni presidenziali del 2014. La sua campagna elettorale è stata tutta basata sulla volontà di proseguire nel percorso storico verso l’integrazione euroatlantica.

    Pendarosvki è sostenuto dalla coalizione di governo fra i socialdemocratici e il partito albanese Dui. Proprio in virtù di questo appoggio, l’obiettivo del candidato governativo, qualora venisse eletto, è quello di garantire l’unità con le comunità etniche che vivono in Macedonia del Nord, in particolare quella albanese, che rappresenta il 25 per cento della popolazione.

    Se vincesse, sarebbe la prima elezione di un capo dello Stato sostenuto da un partito macedone e da uno della minoranza albanese.

    Siljanovska-Davkova, professoressa universitaria e giurista di 64 anni, è la candidata del partito dell’opposizione conservatrice Vmro-Dpmne. In campagna elettorale, ha puntato sull’impegno nel garantire giustizia nel paese.

    Ha assunto anche una posizione molto critica nei confronti dell’accordo con la Grecia sul nuovo nome del paese. La professoressa, infatti, lo ritiene degradante per l’intera nazione.

    Tuttavia, Siljanovska-Davkova ha assicurato ai cittadini che, se diventerà presidente, rispetterà gli impegni già presi dalla Macedonia.

    Reka, infine, ha 59 anni e insegna all’università di Skopje. È stato anche ambasciatore della Macedonia presso l’Unione europea. Le promesse della sua campagna elettorale, basata sull’appoggio di due partiti della minoranza albanese schierati all’opposizione, si sono concentrate sul rispetto della legge e lo “stop alla giustizia selettiva”.

    Elezioni Macedonia | I sondaggi

    Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati in Macedonia, è Pendarovski il candidato in vantaggio per la vittoria finale. Secondo le proiezioni, infatti, il candidato governativo si assicurerebbe l’appoggio del 27,2 per cento degli elettori.

    Alle sue spalle Siljanovska-Davkova, con il 23,5 per cento. Molto staccato, invece, Reka, fermo all’11 per cento.

    Nonostante il vantaggio nei sondaggi, il 27,2 per cento dei consensi non garantirebbe a Pendarosvki l’elezione diretta. La legge macedone impone infatti il raggiungimento del 50 per cento più uno dei voti. Dunque, è molto probabile che i due migliori candidati alle elezioni in Macedonia del Nord finiscano ai ballottaggi, previsti per il 5 maggio 2019.

    Tuttavia, la legge locale chiede che il ballottaggio sia considerato valido solo con un’affluenza alle urne di almeno il 40 per cento.

    A questo proposito, l’attuale ministro della giustizia Renata Deskoska ha detto che se non dovesse essere raggiunto il quorum nel secondo turno, si lavorerà a un emendamento della Costituzione per abolire il quorum richiesto oppure per eleggere il presidente direttamente in Parlamento.

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