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    Droghe intelligenti

    L'uso delle cosiddette droghe intelligenti, che migliorano le performance intellettuali, si è diffuso nelle università britanniche

    Di Carole Cadwalladr
    Pubblicato il 20 Feb. 2015 alle 16:06 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 00:37

    Mancano ancora più di tre mesi all’ultima sessione di esami, ma nell’appartamento di studenti a Edimburgo in cui sto cenando si avverte un sentore di panico nell’aria.

    “Tutti la sentono”, dice Suzy. Sentono cosa? “La pressione. C’è troppa pressione”, dice lei. Per cosa? Per gli esami? O per quello che ci sarà da fare dopo l’università?

    “Tutto quanto. Io non dovrei nemmeno essere qui. Non volevo neanche andare all’università, ma tutti dicevano che avrei dovuto. E il carico di lavoro! È solo che… ce n’è così tanto! Sento che se non fosse per il Modafinil non avrei alcuna chance di farcela”, racconta Suzy.

    Il Modafinil è un medicinale per la narcolessia acquistabile solo su prescrizione che il sito del National Health Service, Nhs (il servizio sanitario nazionale britannico), descrive come uno “stimolante per il sistema nervoso centrale” che previene “l’eccessiva sonnolenza durante le ore diurne”.

    Oppure, se usato senza prescrizione medica e acquistato tramite alcuni rivenditori farmaceutici all’estero, è ciò che viene definito una “droga intelligente”.

    Non ne avevo mai sentito parlare fino a una settimana fa, ma a quanto pare tutti gli studenti ne fanno uso. Lo hanno provato tutti, in almeno un paio di occasioni.

    Tutte e cinque le studentesse dell’ultimo anno che vivono in questo appartamento hanno avuto un’esperienza con il Modafinil, così come tutti e cinque gli studenti dell’ultimo anno che hanno invitato a cena.

    “Non è che ti renda più intelligente”, dice Phoebe, una studentessa di storia. “È solo che ti aiuta a lavorare. Puoi studiare più a lungo. Non ti distrai. Sei veramente felice di andare in biblioteca e non vuoi nemmeno staccare per pranzo. E poi si fanno le 7 di sera e tu pensi ‘Sai cosa? Potrei stare ancora un’ora’”.

    Ma non è come barare? O come il doping nel ciclismo? Se così tante persone lo fanno, non unirsi alla massa significa partire svantaggiati?

    “La mia ex ragazza me lo diceva spesso”, spiega Johnny, un altro studente di storia. “Diceva cose del tipo ‘Non sono d’accordo’ oppure ‘Non è giusto’. Ma poi quando arrivava la pressione, diceva ‘Puoi darmene un po’?'”.

    Tutti la prendono, dicono. Che vuol dire tutti? “Tutti!”, esclama Phoebe. “Tutti quelli che conosco, almeno. È diffusa”.

    Bisogna comunque stare attenti, dice Johnny. “Ti dà questa fantastica concentrazione ma devi assicurarti di essere davvero davanti ai tuoi libri. Io una volta ho trascorso cinque ore nella mia stanza a riorganizzare tutto il mio archivio di iTunes”.

    La conversazione va avanti, ma più tardi, quando chiedo loro cosa faranno il prossimo anno, si irrigidiscono. Quelli che sanno cosa vogliono fare si chiedono come faranno a riuscirci. Mentre quelli che non lo sanno entrano in uno stato di leggera agitazione e fanno domande come: “Tu come hai fatto a sapere quello che volevi fare?”.

    “I miei genitori non hanno idea di come vadano le cose oggi”, dice Daniel. “Mio padre è un uomo di successo. Ed è arrivato dove si trova oggi con un discreto voto di laurea (un 2:2 nel sistema inglese) alla Hull University. Con questo voto oggi non saresti nemmeno preso in considerazione per molti impieghi”.

    La vita degli studenti è cambiata. Ma non è solo cambiata rispetto a quando io ero una studentessa una generazione fa, è cambiata persino rispetto a cinque anni fa. Jack Rivlin, fondatore e editor di the Tab, una rete nazionale di siti di notizie studentesche, dice che è una cosa ovvia considerando le statistiche del traffico sul suo sito.

    “Possiamo monitorarlo a partire da come sono cambiate le storie che interessano oggi agli studenti. Sono storie sui curriculum, sul lavoro, sugli stipendi…molto più di quanto si usava prima. Possiamo vederlo. Gli studenti fanno molta più attenzione a come fare carriera di quanto non facessero perfino cinque anni fa quando io ero uno studente. Sono molto più consci di dover far fruttare la loro laurea. L’atmosfera è senz’altro competitiva e lo diventa sempre di più”.

    E questa è la ragione per cui il Modafinil e le altre droghe intelligenti che sono diventate sempre più comuni nelle università anglosassoni – Ritalin (metilfenidato), Adderall (sali di anfetamine misti), Dexedrine (dextroanfetamina), tutti farmaci per la sindrome da deficit di attenzione e iperattività – iniziano a sembrare sintomi più che cause di un problema.

    Perché gli studenti all’ultimo anno saranno i primi a laurearsi in un nuovo mondo coraggioso dove impazza un debito massiccio. Sono il primo gruppo in uscita che sperimenterà l’impatto della decisione della coalizione di governo di introdurre rette d’iscrizione sempre più alte per le università.

    Nel momento in cui finiranno gli studi nei prossimi mesi, i neolaureati in media saranno in debito di circa 44 mila sterline a testa. Ciò accade in un momento in cui le storie sulla disoccupazione dei laureati e sugli stagisti sfruttati non mancano mai tra le notizie – la scorsa settimana un gruppo editoriale ha ammesso di aver fatto pagare gli studenti per pubblicare articoli, e prima ancora, una think-tank ha rivelato che faceva pagare ai suoi tirocinanti 300 sterline per una lettera di referenze.

    In questo scenario, se ti venisse offerta una piccola pillola bianca che contiene la promessa di una maggiore produttività, maggiore attenzione, più ore in biblioteca e, alla fine, un possibile voto migliore, beh … non è troppo difficile capire perchè risulti appetibile.

    Però non è così semplice come sembra. La chimica del cervello di ogni persona è diversa. Ciascuno reagisce in modo diverso. Non ci sono controlli medici quando si fa clic su un pulsante su un sito internet. Né controlli su ciò che ti è stato effettivamente inviato.

    Dopo aver sentito storie su storie di scadenze incredibilmente rispettate per la stesura di saggi contro ogni aspettativa, quando sto per andare via, una delle ragazze più tranquille mi dice: “È terribile. Sono solo diventata… molto ansiosa. Depressa”.

    La droga c’è sempre stata, ovviamente. Ogni generazione ha avuto il suo narcotico di riferimento. L’Lsd ha fatto da sfondo all’apertura mentale negli anni Sessanta e la comparsa dell’ecstasy alla fine degli anni Ottanta portò all’avvento della cultura rave e a un’altra estate d’amore.

    Ma questo uso di farmaci per lavorare di più, per ottenere un vantaggio competitivo, per produrre di più — questa è una novità, almeno in Gran Bretagna.

    Carole Cadwalladr è una giornalista gallese. Il suo pezzo in versione integrale è stato pubblicato qui.

    (Traduzione a cura di Anna Ditta) 

    Leggi l'articolo originale su TPI.it
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