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    Manila, vuoi sposarmi?

    Ogni anno circa 20mila filippine sposano uomini stranieri conosciuti online, per la maggior parte americani

    Di Jessica Cimino
    Pubblicato il 9 Apr. 2015 alle 12:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:11

    Era nato tutto per gioco. Nella piccola città filippina di Malibi, Mariane Ordaneza, di 27 anni, si era da poco iscritta al sito di incontri Filipino Kisses.

    L’avevano convinta le sue amiche. La sua speranza era quella di trovare, fra gli utenti della chat, un potenziale marito.

    Nel 2011 Mariane ha conosciuto Lionel Carrow, un uomo americano vent’anni più grande di lei che le scriveva ogni giorno da New York durante la pausa pranzo.

    Una serie di lunghe e-mail e il primo incontro otto mesi più tardi li hanno portati a sposarsi lo scorso marzo: ora Lionel è in attesa che a sua moglie venga consentito di trasferirsi negli Stati Uniti.

    Mariane è una fra le tante donne che decidono di iscriversi a un sito di incontri per trovare marito: sono le mail order brides. Vengono da Russia, Cina e Thailandia, ma soprattutto dalle Filippine.

    Uno studio condotto nel 2012 dall’università di Berkeley, in California, ha rivelato come ogni anno circa 20mila filippine sposano uomini stranieri che hanno conosciuto online.

    Secondo un rapporto finanziato dall’agenzia statunitense Ins (Immigration Naturalization Service), su un campione di 1.400 mail order brides presenti negli Stati Uniti, il 70 per cento è costituito da donne filippine.

    Una mail order bride è una donna che decide di proporsi, attraverso una serie di scatti allegati all’interno di book o cataloghi cartacei e siti internet, per essere selezionata come potenziale moglie da uomini stranieri.

    Oggi le immagini delle aspiranti spose hanno trovato una nuova collocazione sul web, e il sistema per interagire con quei volti si è fatto più sofisticato.

    L’iscrizione al sito di incontri è solitamente gratuita, ma una volta scelta la persona con la quale si vuole tentare l’approccio, bisogna pagare una cifra che oscilla tra i 20 e i 150 euro, necessaria per ottenere un suo recapito telefonico o un indirizzo mail.

    La particolarità di questo tipo di portali d’incontri online non è tanto la componente economica, quanto il fatto che la maggior parte degli utenti è alla ricerca ben precisa di un partner straniero. Tra le diverse comunioni fra stranieri, la più diffusa è quella che lega le donne filippine agli uomini statunitensi. 

    Per comprendere le reali motivazioni dietro questa tendenza, è necessario risalire ai movimenti di emancipazione femminile negli Stati Uniti negli anni Settanta.

    All’epoca, diversi uomini conservatori americani si scontravano con il nuovo stile di vita delle donne, considerato fin troppo liberale e incentrato sulla carriera, per nulla incline a mettere su famiglia.

    Ciò li spinse a ricercare i valori di un tempo e a prendere in moglie donne asiatiche di origine filippina, ritenute le compagne ideali in quanto remissive, accondiscendenti, dedite alla cura del marito e dei figli.

    Allo stesso modo, quando gli Stati Uniti occuparono l’arcipelago filippino alla fine dell’Ottocento, le donne filippine entrarono per la prima volta in contatto con l’uomo americano, considerato come facoltoso, ambizioso e leale nei rapporti di coppia.

    Il che ha contribuito a rendere la sua immagine come quella del marito ideale. Al contrario, i connazionali filippini vengono tuttora giudicati come playboy, senza prospettive di crescita lavorativa e incapaci di mantenere la famiglia.

    Questi pregiudizi si sono progressivamente consolidati nel tempo, contribuendo a celare le vere intenzioni che spesso inducono i partner a sposarsi.

    David North, membro del Centre for Immigration Studies di Washington DC, in precedenza collaboratore presso lo U.S. Labour Department, individua due casi estremi relativi ai matrimoni nati a distanza.

    “Nel primo, si tratta di uomini di una certa età che non hanno un interesse per il matrimonio, l’amore o il sesso. Vogliono soltanto una donna che svolga un ruolo di infermiera negli ultimi anni della loro vita”.

    Nel secondo, invece, North sostiene che “le spose, anziché attendere i due anni necessari per ottenere la residenza a tempo indeterminato negli Stati Uniti, aggirano l’ostacolo accusando il marito di abusi sessuali”.

    “Qualora il processo si dovesse concludere in favore della donna che ha sporto denuncia, quest’ultima può ottenere la green card grazie a una certificazione con cui rivendica il suo status di coniuge vittima di abusi”.

    Ci sono poi le storie di si chi è sposato con persone conosciute online per amore, senza secondi fini.

    David Haldane aveva 57 anni quando nel 2006 ha conosciuto Ivy, allora ventiquattrenne. Con un matrimonio e due figli alle spalle, David ha iniziato a navigare nei siti di matchmaking perché deluso dagli incontri con donne americane, le quali non sembravano interessate ad avere una relazione a lungo termine.

    “Cercavo qualcuno con una personalità forte, che credesse ancora nel matrimonio e desiderasse una famiglia. Ho pensato che avrei avuto più chance di trovare valori simili nella cultura filippina”, racconta.

    Ivy lo aveva colpito perché era l’unica utente della chat che non cercasse di attirare la sua attenzione o fingesse interesse per poi alludere al bisogno di denaro per mantenere i familiari. Si sono scambiati e-mail per due anni, fino a quando David, convintosi della sincerità della ragazza, ha deciso di partire per l’isola filippina di Surigao, terra natia di Ivy.

    Dopo aver passato una settimana nella sua casa e aver subito l’interrogatorio di una famiglia tutt’altro che disposta a lasciare andare sua figlia senza avere la certezza che David non fosse un impostore, i due si sono sposati nel febbraio del 2008 e Ivy ha lasciato le Filippine per trasferirsi a Long Beach, in California.

    I mesi successivi sono stati complicati per la coppia. “Abituarmi alla vita in California non è stato facile: le strade, le enormi case silenziose dell’Orange County, l’ostilità dei parenti di David, ogni cosa sembrava diversa rispetto al mio Paese, dove non si è mai soli e i momenti liberi si trascorrono tutti insieme, con gli amici e la famiglia”, mi ha raccontato Ivy.

    Ivy ora è diventata cittadina americana e ha avuto un figlio, Isaac, di tre anni. Oltre a fare la mamma, lavora come tecnico in un laboratorio medico.

    Quando la gente utilizza l’espressione mail order bride per definire sua moglie Ivy, David si sente profondamente ferito. Lo considera un termine “discriminatorio, che dimostra come la società americana sia solo in apparenza tollerante verso ciò che esce dagli schemi della famiglia tradizionale”.

    “Così come una donna occidentale ricerca il benessere economico e al contempo una relazione genuina e duratura, perché una donna filippina non dovrebbe fare altrettanto? Come mai la prima viene considerata saggia mentre la seconda un’arrampicatrice sociale?”, racconta David.

    Per Ivy, la nascita di suo figlio Isaac rappresenta la testimonianza più grande del sentimento che la lega a suo marito. “Nostro figlio è la prova vivente che tra me e David c’è e c’è sempre stato un amore autentico, che va al di là di qualsiasi pregiudizio che possa coinvolgere un uomo della sua età e una donna con le mie origini”, conclude Ivy.

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