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    Donne e denaro

    Incarichi di potere non vengono quasi mai assegnati alle donne in ambito economico . Ecco perché

    Di Emanuele Rossi
    Pubblicato il 10 Ott. 2013 alle 12:44 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 09:05

    Janet Yellen, l’economista scelta da Obama come nuovo presidente della Federal Reserve, dopo la ratifica del Senato, diventerà da gennaio prossimo la donna di più alto rango nella storia delle istituzioni economiche statunitensi. Nessuna, dalla sua istituzione nel dicembre 1913, ha infatti mai guidato la Fed – e nemmeno il dipartimento del Tesoro.

    Sono rarissime nel mondo le persone di sesso femminile che ricoprono incarichi centrali in ambito economico: non ci sono donne nel board guidato da Mario Draghi della Bce, non ci sono in quello di Bank of England; ce n’è solo una, Sayuri Shirai, in quello di Bank of Japan. Manco a dirlo, non c’è mai stato un Governatore della Banca d’Italia donna.

    Dal 1970, anno in cui le donne hanno cominciato a giocare un ruolo nei comitati di politica monetaria, il loro numero è rimasto generalmente basso, come evidenzia un grafico dell’”Economist”; con qualche eccezione “progressista” in paesi come la Norvegia dove, con un incremento crescente, dalla metà degli anni Novanta a oggi, quasi la metà dei membri del board è stato rappresentato da economiste.

    In controtendenza, nel marzo scorso, il presidente russo Vladimir Putin ha nominato Elvira Nabiullina alla guida della Banca centrale russa, a discapito di Aleksej Uljukajev, delfino del potentitssimo Serghej Ignatjev, capo di Bank Rossii per oltre dieci anni: la motivazione sarebbe da ricercare in una posizione più morbida di Nabiullina sulla linea del rigore monetario. Una “colomba”, insomma – contro il “falco” Uljukajev – come è stata definita anche la stessa Yellen, favorevole ai maxistimoli della banca centrale, il cui compito principale sarà proprio di decidere la tempistica del ritiro di queste misure anti-crisi in un momento d’incertezza dell’economia americana.

    Gillian Tett del “Financial Times” ha imputato la scarsa presenza femminile in tali posti di rilievo alla minor presenza delle donne nel mondo accademico.

    Caroline Freund (senior fellow del Peterson Institute for International Economics) sul “Washington Post”, addebita invece la responsabilità ad un problema più strutturale – e preoccupante a dir suo. La questione sarebbe legata proprio all’importanza di questo tipo di ruoli, a cui banche e amministrazioni affidano i propri interessi economici; incarichi fondati sulla fiducia – vista l’indipendenza funzionale dei governatori e presidenti delle Banche centrali. Fiducia, che secondo Freund, non sarebbe ancora investibile in una donna, data l’atmosfera da “boys’ club” come quella del mondo dell’economia.

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