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    Dentro Occupy London

    The Post Internazionale ha partecipato a una riunione del movimento anti-austerity londinese. Per osservare come (non) si coordina al proprio interno

    Di Michele Barbero
    Pubblicato il 7 Dic. 2012 alle 12:14 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:30

    Dentro Occupy London

    Un tweet apparso quasi per caso sullo schermo del computer, in un pomeriggio londinese più piovoso del solito. Tanto basta per venire a conoscenza delle riunioni indette da Occupy London, variante inglese del movimento globale che contesta le misure di austerità varate in nome della crisi e l’influenza di corporation e mercati finanziari sulle agende dei governi occidentali. In questo caso, l’oggetto della comunicazione è un ‘international meeting’ indetto per la sera stessa, al fine di discutere ciò che i movimenti di protesta “stanno facendo e organizzando in giro per il mondo”.

    Il luogo designato per la riunione è la Friern Barnet People’s Library, una biblioteca nel nord della città che non potrebbe offrire ritrovo migliore per un’organizzazione di resistenza al potere costituito come Occupy. Di proprietà del locale consiglio di circoscrizione, la biblioteca era destinata alla chiusura per via dei tagli ai fondi disponibili, ma gli abitanti del quartiere l’hanno occupata e tenuta aperta. Si parla di un’espulsione tra pochi giorni; nel frattempo, però, la biblioteca rimane un centro di ritrovo attivissimo. In bella mostra troneggia l’autobiografia di Tony Blair, con l’immancabile scritta ‘BLIAR’ sovrapposta al nome dell’autore.

    L’incontro pubblicizzato via Twitter è aperto a chiunque voglia parteciparvi, ma in pratica costituisce una riunione interna al movimento. Quest’ultimo sta allacciando nuovi rapporti con altri gruppi simili in tutta Europa: nei mesi scorsi, importanti forum si sono svolti a Madrid e a Firenze. Stasera, un meeting è stato indetto per fare il punto su quelle esperienze e sulle mosse da intraprendere nei prossimi mesi.

    Appare evidente che Occupy stia intensificando i contatti in particolare con i moti anti-austerity spagnoli (con i quali peraltro una certa sinergia non è mai mancata). Per molti versi, essi vengono visti come un modello. Leon, uno degli attivisti presenti alla riunione, sottolinea che “la reazione della popolazione spagnola alla crisi economica ha avuto proporzioni diverse che nel resto d’Europa. In Spagna gli indignados sono riusciti a mettere in piedi un movimento che ha davvero sfidato il potere, ha impedito numerosi sfratti forzati e costituisce ormai una voce riconosciuta che il governo deve tenere in considerazione. Molti di noi sono andati al forum di Madrid proprio per capire come i movimenti locali si sono organizzati e in che modo siano riusciti a divenire un simile problema per i governanti”.

    Il rafforzamento dei legami in questa direzione è testimoniato anche dalla presenza, all’incontro, di una rappresentante dei Piigs (dal nome con cui sono stati etichettati i paesi ‘meno virtuosi’ d’Europa), un nuovo gruppo anti-austerity basato a Londra e composto soprattutto da spagnoli e portoghesi. Nonostante la presenza di membri ‘esterni’, la riunione di Occupy si svolge in un’atmosfera piuttosto casalinga. I partecipanti non arrivano alla decina e sembrano conoscersi tutti da un bel pezzo. Dopo aver preso la parola, si servono generose tazze di tè dietro al banco della biblioteca, intingendovi un biscotto di tanto in tanto. Dopo tutto, siamo sempre in Inghilterra.

    Non c’è neppure troppa consapevolezza su chi concretamente abbia reso noti ora e luogo del meeting. “Abbiamo diffuso l’avviso su Twitter? Ma sul nostro sito l’abbiamo messo?”, chiede qualcuno. Si fatica a credere che un’organizzazione che ha dato vita a manifestazioni imponenti, come l’accampamento vicino alla Borsa di Londra, sia basata su un sistema di incontri informali come questo. Come spiega Vica, un’altra attivista presente (che sottolinea di parlare a titolo personale, non in nome del movimento), “noi stessi a volte abbiamo qualche difficoltà a comprendere il funzionamento di Occupy.”

    La struttura è decentrata, con una molteplicità di gruppi che lavorano in estrema autonomia. In teoria, le diverse formazioni si distinguono per i compiti di cui sono incaricate. Così, il gruppo che ha organizzato questa riunione si occupa in particolare dei contatti internazionali; altri si riuniscono per riflettere su tematiche politiche ed economiche, elaborando proposte alternative al modello dell’austerity e delle privatizzazioni. Nella pratica, però, i vari gruppi si aggregano soprattutto sulla base dell’alchimia fra i membri – non a caso Vica li chiama ‘affinity groups’.

    Le decisioni fondamentali vengono poi prese da un’assemblea generale, aperta a chiunque voglia parteciparvi; ma ormai viene indetta sporadicamente, ed è a partire da riunioni in piccolo come questa che le iniziative vengono concretamente elaborate e portate avanti. Certo, in una struttura così orizzontale le difficoltà non mancano. Come emerge dalla riunione, una delle preoccupazioni dei partecipanti è che quando un gruppo come il loro si rivela particolarmente produttivo, avanzando proposte e dando il via a numerose iniziative, corre subito il rischio di essere visto dagli altri come eccessivamente ‘decisionista’, suscitando malumori e incomprensioni.

    Il mantenimento dell’equilibrio fra le varie componenti si fa anche più delicato quando si tratta di dialogare con formazioni esterne. Al momento di pianificare successivi incontri con la partecipazione dei Piigs e altri movimenti affini, il collettivo in riunione impiega dieci minuti buoni (senza peraltro arrivare a una conclusione definitiva) solo per decidere se contrassegnare tali appuntamenti con il nome di Occupy o con un più generico ‘international meetings’. Nonostante la frammentazione e l’apparente casualità dei processi decisionali, però, il movimento sta mettendo in piedi eventi significativi per l’anno prossimo. Manifestazioni nella capitale inglese sono previste a gennaio e a marzo. E, soprattutto, sta programmando di farsi sentire in occasione del G8, previsto per fine giugno in Irlanda del Nord.

    Insomma, Occupy London sarà anche più disperso e meno visibile rispetto a prima, ma in qualche modo la sua macchina continua a funzionare, organizzare, intrecciare relazioni con le sue controparti nel resto d’Europa. Come sottolinea ancora Leon, “prima o poi il governo tenterà di applicare il modello delle privatizzazioni su scala ancora maggiore, includendo la sanità e il grosso dei servizi pubblici. Non è una questione di se, ma di quando. E come attivisti dobbiamo essere preparati”. Il 2013 non si prospetta un anno tranquillo per Londra.

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