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    David Cameron potrebbe candidarsi come Segretario generale della Nato

    L'ex premier britannico si è dimesso dopo il referendum sulla Brexit. La sua candidatura al vertice della Nato rafforzerebbe il ruolo geopolitico del Regno Unito

    Di Maurizio Carta
    Pubblicato il 5 Apr. 2017 alle 08:17 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:34

    Prende sempre più piede l’ipotesi che sia David Cameron uno dei candidati a divenire Segretario generale della Nato. L’ex premier britannico è infatti supportato nella nomina dal ministro della Difesa britannico Michael Fallon, che il 2 aprile 2017 ha detto: “È ancora relativamente giovane, tengo con lui regolari colloqui ed è inoltre sempre fortemente interessato alla politica estera e alla sicurezza”. 

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    Tale posizione è assunta anche dal ministro degli esteri del Regno Unito, Boris Johnson, che a marzo 2017 si è espresso favorevolmente sulla candidatura. 

    David Cameron è stato primo ministro sino a giugno 2016 quando, dopo la sconfitta nel referendum sulla Brexit, si è dimesso dall’incarico. A settembre 2016 ha inoltre lasciato anche il suo seggio parlamentare. 

    La carica di Segretario generale della Nato è attualmente ricoperta dall’ex premier norvegese Jens Stoltemberg da ottobre 2014. Il mandato dura 4 anni, eventualmente prolungabili. 

    Il Regno Unito ha già prestato suoi cittadini per tre volte a tale incarico. L’ultimo mandato di un politico britannico a capo della Nato è terminato nel 2003 con George Robertson. 

    La nomina del Segretario avviene dopo colloqui informali fra i 28 Stati membri, 22 dei quali sono europei. Dalla nascita della Nato, il ruolo di Segretario generale è sempre stato ricoperto da un europeo e il suo quartier generale si trova a Bruxelles. 

    Tutti gli stati membri si propongono di spendere almeno una quota del 2 per cento del proprio Pil in spese militari, impegno spesso disatteso e per questo oggetto recentemente di critica da parte del presidente statunitense Donald Trump. 

    La candidatura di David Cameron può essere interpretata come un mossa di rafforzamento in chiave geopolitica dopo la decisione del Regno Unito di abbandonare l’Unione europea. 

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