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    L’India non riesce a cremare i defunti: zone rurali pervase dall’odore dei corpi in decomposizione

    Pira funeraria lungo il fiume Gange ad Allahabad, Prayagraj nell'Uttar Pradesh, il 6 maggio. Credit: Prabhat Kumar Verma/ZUMA Wire

    Nel paese travolto dalla seconda ondata di Covid-19, da settimane obitori e forni crematori non hanno più spazio per le nuove vittime

    Di Marco Nepi
    Pubblicato il 20 Mag. 2021 alle 11:31 Aggiornato il 20 Mag. 2021 alle 11:36

    L’India non riesce a cremare i defunti: zone rurali pervase dall’odore dei corpi in decomposizione

    Migliaia di corpi sono stati rinvenuti in poche settimane lungo il Gange, il più sacro dei fiumi dell’India, travolta in poche settimane dalla seconda ondata della pandemia di Covid-19.

    Ieri l’India ha riportato il record mondiale di decessi dovuti alla malattia da nuovo coronavirus (Covid-19) in un solo giorno con 4.529 morti. Dall’inizio della pandemia il paese ha registrato più di 25 milioni di casi e 275.000 morti. Secondo gli esperti tuttavia, il bilancio delle vittime potrebbe essere fino a cinque volte più alto. Nel paese, che a inizio anno pensava di essersi lasciato alle spalle il momento peggiore della pandemia, da settimane obitori e forni crematori non hanno più spazio per le nuove vittime.

    In alcune delle aree più povere dell’Uttar Pradesh e del Bihar, alcune comunità sembrano aver fatto ricorso alla pratica nota come “Jal Pravah”, avvolgendo i corpi delle vittime in un tessuto bianco e lasciandoli sul fiume. In molti altri casi sono stati seppelliti lungo la riva del Gange.

    “Quando abbiamo cercato di acquistare legna da ardere per la cremazione, siamo stati cacciati via e nessuno nel villaggio ci ha aiutato con la cremazione perché sospettavano che fosse Covid”, ha detto al Guardian Narsingh Kumar, a cui sono morti due fratelli a pochi giorni di distanza dopo aver manifestato i sintomi della Covid. Dopo essere riuscita a far cremare il corpo del primo fratello, la famiglia ha incontrato difficoltà dopo il secondo decesso. “Non riuscivamo a prendere la legna e non sapevamo cos’altro fare, quindi non abbiamo avuto altra scelta che immergere il suo corpo nel fiume. L’abbiamo fatto la mattina dopo alle 11 con i parenti stretti”, ha aggiunto.

    Dal primo caso nell’Uttar Pradesh del 10 maggio scorso, quando 71 corpi erano stati trovati portati a riva nei pressi del villaggio di Chausa, si sono moltiplicati i ritrovamenti di corpi, che secondo quanto ricostruito da giornalisti e residenti locali finora sono più di 2.000, riporta il Guardian. Un fenomeno anomalo per la frequenza oltre che la quantità dei ritrovamenti.

    La scorsa settimana, il governo dell’Uttar Pradesh ha vietato la Jal Pravah, offrendo alle famiglie povere 5.000 rupie (56 euro) che non potevano permettersi le cremazioni.

    Il ministero della Salute indiano oggi ha dichiarato che nelle ultime 24 ore sono stati confermati 276.110 casi. Dall’inizio della pandemia, i casi sono arrivati a 25.772.440 a fronte di 287.122 morti, dopo che i decessi per la prima volta in quattro giorni sono scesi sotto la soglia dei 4mila, per una popolazione di 1,3 miliardi di persone. Secondo diversi esperti, i dati sono ritenuti sottostimati rispetto alla reale dimensione del fenomeno. Fino ad aprile 2021 i contagi in India non avevano superato la soglia dei 100.000 casi giornalieri.

    La rapida accelerazione delle infezione è stata attribuita all’emergere di nuove varianti e agli allentamenti delle restrizioni, che nelle scorse settimane hanno portato a tenere manifestazioni religiose e politiche per le elezioni locali, in cui si sono riunite migliaia di persone.

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