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    Cosa pensa davvero Theresa May sulla Brexit

    Durante un incontro con le banche d'investimento la premier britannica ha dato voce alle sue preoccupazioni circa le conseguenze economiche della Brexit

    Di TPI
    Pubblicato il 26 Ott. 2016 alle 13:14 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:51

    Che il premier britannico, ministra dell’Interno all’epoca della campagna referendaria sulla Brexit, fosse contraria al divorzio del Regno Unito dall’Unione europea era cosa nota. Ironia della sorte, proprio a May tocca adesso l’ingrato compito di traghettare il paese attraverso una separazione che non sarà né rapida né indolore.

    Tuttavia, di recente sono emerse nuove informazioni riguardo la profondità delle preoccupazioni di Theresa May nel caso la Brexit fosse divenuta un fatto reale.

    Secondo quanto appreso dal quotidiano britannico Guardian, durante un incontro con i rappresentanti delle banche d’investimento alla Goldman Sachs avvenuto un mese prima del referendum, May aveva espresso l’opinione che le conseguenze economiche del divorzio sarebbero state importanti.

    Aveva avvertito i banchieri della City londinese che le società avrebbero lasciato il suolo britannico per trasferirsi sul continente se il Regno Unito avesse abbandonato l’Ue e aveva aggiunto che sperava che i suoi concittadini capissero in tempo i vantaggi dell’appartenenza a un blocco economico da 500 milioni di persone.

    Inoltre, l’allora ministra dell’Interno aveva aggiunto che in termini di sicurezza essere membro dell’Ue consentiva di condividere informazioni con le forze di polizia e le agenzie di intelligence degli altri paesi europei e avvalersi del mandato di cattura europeo.

    In conclusione, l’opinione di May era che, posta la necessità di restare nell’Ue, il Regno Unito dovesse assumere un ruolo di guida piuttosto che osservare l’Unione dalle retrovie; fare proposte piuttosto che subire le iniziative altrui.

    Il tenore dei commenti espressi in privato appaiono in contrasto con quelli levati in pubblico durante la campagna referendaria – quando rimase sostanzialmente in silenzio e, anzi, esasperò alcuni colleghi che la volevano più impegnata per il remain – e nelle vesti di primo ministro nel corso del periodo più recente.

    In particolare, durante l’ultimo congresso del partito conservatore, May ha dichiarato che le imprese britanniche hanno bisogno della “massima libertà per operare sul mercato unico” ma non al prezzo di “rinunciare nuovamente al controllo sull’immigrazione” o accettare la giurisdizione della Corte di giustizia dell’Unione europea.

    Queste rivelazioni hanno il potere di mettere in imbarazzo il primo ministro, perché, come ha efficacemente riassunto il leader dei liberal democratici Tim Farron, è piuttosto “deludente che Theresa May non avesse il coraggio politico di avvertire l’opinione pubblica sui devastanti effetti economici della Brexit nello stesso modo in cui ha avvertito le banche”.

    Farron ha anche aggiunto: “È ancora più preoccupante che adesso che è nella posizione di guidare il paese stia ignorando i suoi stessi avvertimenti e sia pronta a infliggere un monumentale atto di autolesionismo sull’economia britannica tirando fuori il Regno Unito dal mercato unico”.

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